La nostra (tripla) recensione senza spoiler, ma tanto tanto onesta ed imparziale, di Occhiali neri, il nuovo “capolavoro” di Dario Argento con Ilenia Pastorelli e Asia Argento: preparate i popcorn e lunghe diatribe con i fan
Recensire un lavoro di Dario Argento, in questo caso il nuovo Occhiali neri, non è mai semplice perché l’approccio risulta già in partenza complesso. Scriverne tenendo in considerazione il rispetto che merita il suo iconico autore? Oppure scriverne tenendo presente che il cinema argentiano è sempre stato un po’ avulso e a sé stante e di conseguenza non paragonabile ad altri film “standard”? O infine scriverne in modo onesto ed imparziale come se fosse un film di un qualunque regista? Una responsabilità non da poco, considerando che la scelta condizionerà poi tutto il resto, facendo pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte.
La storia di Diana
Iniziamo col raccontare, senza spoiler, che la vicenda ruota intorno a Diana (Ilenia Pastorelli), una escort dai modi non propriamente signorili che dopo un’eclissi premonitrice viene presa di mira da un misterioso killer di prostitute e che al termine di un inseguimento in auto resta vittima di un incidente, che le costerà la perdita della vista. Rimasta cieca è quindi costretta a re-imparare a vivere e muoversi, e lo fa grazie al supporto della cagna Nerea, appositamente addestrata, col supporto dell’istruttrice alla mobilità Rita (Asia Argento). Diana si ritroverà poi a doversi prendere cura segretamente di Chin, un timido bambino (cinese) con il quale sarà costretta a fuggire, braccata dal killer, formando così una “strana coppia” che dovrà reciprocamente aiutarsi per sopravvivere.
L’approccio rispettoso
Quello di Occhiali neri, che doveva rappresentare il grande ritorno di Dario Argento a distanza di 9 anni e 3 mesi dall’uscita dell’inguardabile Dracula 3D, è purtroppo un buco nell’acqua. L’approccio “rispettoso” porterebbe però a sottolineare la bella fotografia di Matteo Cocco, la gamma di colori che variano con l’avanzare della storia, e i sempre ottimi effetti speciali di Sergio Stivaletti. E poi ancora l’idea forse “sorprendente” di un Argento diverso, che costruisce un giallo per metà “selvatico”, senza spargere ettolitri di sangue, senza commistioni soprannaturali ed inserendo nella sua storia, come da lui stesso dichiarato, elementi nuovi quali tenerezza e sentimento.
C’è anche qualche guizzo registico, come nella sequenza dell’inseguimento che porterà al fatale incidente e soprattutto nella carpenteriana scena iniziale dell’eclisse solare, in cui echeggiano atmosfere alla Il signore del male. E come non considerare il simbiotico rapporto con il cane, degno protagonista della catarsi finale? Inoltre la presentazione fuori concorso al Festival di Berlino con tanto di calorosissima accoglienza e recensioni internazionali positive, fanno il resto. Voto “rispettoso” 6 (due stelle e mezza)

L’approccio del fan
L’approccio da “fan” porterebbe invece a scrivere inutili paragrafi sulle autocitazioni presenti, a cominciare dal primo omicidio (che rimanda a Suspiria), e poi lo stretto legame con gli animali (vedi Phenomena) e il nome non casuale di Diana (dea della caccia, protettrice degli animali), e ancora la cecità, più volte esplorata nel cinema argentiano (dall’enigmista Karl Malden de Il gatto a nove code al pianista Flavio Bucci di Suspiria, omaggiato nel finale “canino”), fino alla musica martellante, altro marchio di fabbrica del regista romano. O magari altre citazioni sparse, dal classicissimo La morte corre sul fiume in poi. E poi c’è Asia, una volta tanto in un ruolo “normale”, con tanto di folta chioma che le dona una impressionante somiglianza alla compianta mamma Daria Nicolodi, cosa che appare come un evidente omaggio.
Tutte bricioline che, alla fine della fiera (delle illusioni), risultano davvero di poco conto e fini a se stesse, ma che per il fan più sfegatato o per certi critici automasturbatori si trasformano inesorabilmente nella pagliuzza che non permette di vedere la trave nell’occhio (tanto per evocare un’immagine tanto cara all’indimenticabile Lucio Fulci). Il tutto senza contare che attuando il discorso che i film di Argento non si possano paragonare al resto della cinematografia italiana e mondiale, allora, come si dice a Roma “è bono tutto”. Compresa la forse “tafazziana” scelta di Ilenia Pastorelli come protagonista che, nella dinamica di un film simile, finisce quasi per essere l’elemento meno problematico. Voto da “fan” 6.5 (tre stelle)

L’approccio onesto ed imparziale
Lasciate ogni speranza voi che entrate (in sala) e lasciate questa lettura se siete spocchiosi / permalosi fan argentiani, perché rischiate di rovinarvi la serata. Svestendo i panni del rispetto per un Maestro del cinema e quelli del fan, ed indossando quelli di chi intende giudicare il film per quello che è, senza pregiudizi (né in un senso né nell’altro) né condizionamenti di alcun tipo, apriti cielo. La sceneggiatura scritta da Argento con il fido Franco Ferrini era rimasta chiusa per tanti anni in un cassetto, riesumata e “rinfrescata” da Dario durante il lockdown: oggettivamente sarebbe forse stato meglio lasciarla dov’era. Purtroppo degli stringati 87 minuti di durata del film, le cose da salvare sono davvero poche.
Partiamo dal principio, dai personaggi e dalla storia, ovvero l’improbabile e zuccherosa amicizia del “damose ‘na mano” tra due persone sole: una sguaiata escort cieca e un bambino, in questo caso cinese. Ma perché proprio cinese, vi chiederete? Apparentemente non c’è un vero motivo, visto che il discorso delle “differenti culture” non viene mai indagato all’interno del film, se non per una fugace battuta sulla di lui cugina. Poteva quindi essere brasiliano, giapponese, algerino o islandese e non sarebbe cambiato nulla. Premesso ciò viene da immaginare Argento e Ferrini in versione “sceneggiatori di Boris“, annoiati sullo yacht tra uno spumantino e l’altro che si domandano «Come lo chiamiamo il bambino cinese?»… «Ma chiamiamolo Chin!» (e già questo…), non considerando inoltre che quel nome sarebbe poi finito in bocca alla Pastorelli, che ad un certo punto se lo perde e si mette ad urlare «Cin! Cin!» per un “brindisi” perfetto che chiude il cerchio. Capitolo Diana: la dea della caccia che in questo caso viene cacciata dal killer, parte come escort dal carattere forte e che sa energicamente rifiutare pratiche sessuali a lei non gradite (…), per poi virare su una sorta di tenera mammina per il “piccolo Chin dai grandi occhioni”, il quale a sua volta acquisterà sempre più fiducia in se stesso diventandone ufficialmente gli “occhi” ed aiutandola a sfuggire al killer.

Una storia, quindi, degna di una fiction per casalinghe di inizi anni 2000 (e non si empatizza con i protagonisti neanche per dieci secondi), che si sviluppa prima in una Roma notturna che però (come per il discorso del “cinese”) poteva essere una qualsiasi altra città, per poi proseguire nella “selvatica” Formello (alle porte della Capitale) diventata improvvisamente pericolosa quanto la giungla amazzonica (che culmina con una scena stracultissima da sbellicarsi) e popolata da gente con accento nordico anziché romano. Inoltre non siamo davanti al classico giallo con il whodunit, ovvero lo scoprire alla fine chi è il killer e perché uccide, visto che svelamento e motivazioni sono al limite dell’insulto.
Caratteristica insolita, si diceva, è il numero esiguo di morti, perlopiù defunti per estrema imbecillità propria o altrui, con azioni e situazioni irreali che non riescono ad essere credibili neanche tramite la sospensione dell’incredulità, come gente che si vede arrivare contro il furgone del killer e non fa nulla per spostarsi. Il comparto “investigativo” è poi il non plus ultra, con poliziotti da far invidia al commissario Auricchio e al suo fido De Simone di Fracchia la belva umana, con battute didascaliche come «Le telecamere di sicurezza sicuramente potranno aiutarci!». Ma anche gli altri personaggi non scherzano, con alcuni dialoghi che sapevano di stantio già cinquant’anni fa, tipo l’usciere dell’hotel che confida all’ispettore: «Ho visto un furgone scappare laggiù, aveva una fretta del diavolo!» [sic.].

E così il tutto si trascina noiosamente fra un’incongruenza e l’altra, una risata (involontaria) e l’altra (la Pastorelli che “sbrocca” alla domestica è favolosa), una protagonista cieca per la quale (inspiegabilmente) non c’è mai neanche uno straccio di sua soggettiva “buia” quando è braccata dal killer, e con una colonna sonora pseudo-carpenteriana (a un certo punto sembra quasi di vedere Halloween in versione boschiva) del francese Arnaud Rebotini, ridondante e spesso montata senza alcun motivo per creare una tensione che non c’è: ad esempio la panoramica sulla facciata dell’hotel dove esercitano le escort, con la musica da tregenda che va su e “costringe” lo spettatore ad immaginare che lì dentro avverranno poi delitti o chissà quale cosa malvagia (manco fosse l’Accademia di Suspiria), mentre invece di quell’hotel praticamente non ci sarà più traccia per il resto del film, ed è propedeutica solo al successivo primo delitto. O meglio ancora quando i poliziotti bussano alla porta senza avere risposta. E a proposito di Carpenter, non c’è neanche bisogno di sottolineare come il manifesto sia palesemente clonato dal suo Essi vivono.
In chiusura non si può non tornare su Ilenia Pastorelli, protagonista assoluta del film: una scommessa vinta solo a metà, perché seppur indubbiamente migliore di quanto ci si aspettasse pregiudizievolmente da lei alla sua prima prova in un thriller, resta comunque il fatto che spesso e volentieri (anche a causa della pessima sceneggiatura) sembra di assistere ad una commedia alla quale hanno cancellato le battute comiche, lasciando però tutto il resto immutato. Ovviamente Ilenia ci prova, ma non è Anna Magnani e si vede. Per i critici/spettatori stranieri lei è invece solo una bella attrice italiana, non comprendendone la lingua e quindi non essendone condizionati dallo smaccato accento romanaccio, sicuramente più adatto ed efficace in un film leggero.
In definitiva, spiace dirlo, ma nonostante tutte le buone intenzioni, una buona fotografia ed effetti speciali, un ottimo prologo, qualche autocitazione e guizzo qua e là, e una Pastorelli meno “accia” del previsto, Occhiali neri è veramente un film senza senso, in cui come detto si può salvare qualcosa solo se lo si vede con gli occhi del fan o volendo trovare a tutti costi il modo per omaggiare quello che resta, in ogni caso, un maestro del cinema, Dario Argento, al quale vorremo sempre bene. Collocazione ideale del film, non la Berlinale ma il Fantafestival dei bei tempi che furono. Voto 3 (1 stella)
Due stelle (di stima)
Occhiali neri. Regia di Dario Argento. Con Ilenia Pastorelli, Asia Argento, Xinyu Zhang, Andrea Gherpelli, Mario Pirrello, Maria Rosaria Russo, Gennaro Iaccarino, Viktorie Ignoto. Uscita al cinema 24 febbraio 2022, distribuzione Vision Distribution.
Visto ieri ed è uno più brutti film mai visti. Insopportabile il 90% della pellicola occupato da una protagonista inidonea, pessima attrice. Non basta sfoggiare seni e lato B, dovrebbe innanzitutto andare a scuola di dizione. La cantilena, la voce demotivata, atona, fanno sono sperare che il killer la faccia fuori.
Delusione massima.
Sono molto più bravi il bambino cinese e il cane.
Trama esile e scontata, il killer ammazzaprostitute e la cieca sono temi trattati a iosa in altri e migliori film, manca quel guizzo che avrebbe potuto rendere “Occhiali neri” almeno decente.
Tornata a casa, RayPlay concedeva 24 h per rivedere una puntata di Camilleri, della serie ” il commissario Montalbano”..non c’è storia, la classe non è acqua.
Il contrasto è stato ancor più stridente.
Occhiali neri Per me è davvero un bel film. Si è vero ha un voluto stile anni 80 ma che stile! Riesce a conciliare tematiche importanti come la cecità e il particolare rapporto tra la protagonista e il bambino con una trama che tiene comunque con il fiato sospeso e ti fa provare quei brividi ormai dimenticati da secoli. Per fortuna non ha niente di questi film così detti dell’orrore moderni che sono a volte osannati dalla critica mentre si riducono a penose lotte e sangue quasi sempre storie orrende di vampiri o altro senza trama e senza dialoghi. Mi chiedo davvero ma perché con questa crisi del cinema bocciare un bel film come questo? Dialoghi scheletrici ? Ma vogliamo parlare dei dialoghi di tutti gli ultimi film di orrore che vanno tanto di moda ? Inesistenti come gli attori. Ma va di moda… una moda che fanno un po’ i media e un po’ la superficialità in cui viviamo… Non è certo un film che deve avere dialoghi profondi eppure non sono certo banali anzi! Date una mano al cinema in crisi e andate a vedere un bellissimo film come ormai non ne fanno più….in questo senso si è antico e non sta ai tempi…in questi tempi i bei film sono passati di moda…. Certo se vi aspettate un film banale mascherato da thriller rimarrete delusi perché di banale non ha niente e rievoca l’atmosfera dei suoi capolavori in cui vi sentirete avvolti. Mi spiace che un maestro come lui venga così criticato quando film insignificanti senza trama con attori che non sanno cosa sia la recitazione hanno invece le loro dignitose 3 stelle e mezzo. Sono molto stupita e spero che la gente non si faccia influenzare e vada a vederlo ma ne dubito perché perfino io stavo cedendo alla tentazione di non andare leggendo i giudizi ma poi ho voluto farmi la mia idea. Sono amareggiata che gente così brava non va più avanti come anche Pupi Avati…’ Il Fulgore di Doni’ ho dovuto vederlo per caso in una sala parrocchiale ed era un capolavoro stroncato dalla critica. Voto 10 e il paragone con i film di orrore degli ultimi 10 anni non regge .. crollano miseramente se mai sono saliti. Dario Argento si conferma un grande maestro !
Boh! Totalmente in disaccordo, il film è povero in tutti i sensi. Soprattutto chi rovina tutto è Ilenia Pastorelli che non sa nemmeno parlare. Dopo mezzora di film non la sopportavo più.
Terrificante e ridicola… una che sguazza nelle paludi con la minigonna inguinale… io ero nauseata, ma ho tenuto botta sino alla parola “fine”.
Ben distante da “Profondo Rosso” “Suspiria” ecc.
Film migliori ce ne sono, mi creda.
Visto a Luglio 2022 . Premetto che sono un grande appassionato del cinema di Argento , ma questo film lo reputo “inutile” .
Non capisco perchè un regista blasonato come lui , si ostini a girare film al limite dell’insopportabile . Asia ha un modo di gesticolare ridicolo , mi ricordava le attrici della telenovela Piemontese della Gialappa’s , la Pastorelli inadeguata nel ruolo della escort ( poi perchè una prostituta di alto livello, dovrebbe prendere a servizio una donna che prova odio per il tipo di lavoro che svolge la sua datrice di lavoro? ) .
Dario Argento mi ricorda gli Iron Maiden … cioè ( il non volersi arrendere davanti all’evidenza) perchè un grande bassista come Steve Harris continua a scrivere sempre le stesse canzoni da 27 anni ?
Perchè Dario Argento continua a fare sempre gli stessi errori da 27 anni ?
Io al posto di Harris e Argento avrei continuato a suonare e girare … ma mi sarei fatto scrivere le cose da giovanissimi autori , questo avrebbe aiutato coloro che hanno veramente delle idee nuove e fatto fare una grandiosa figura a due stelle ormai spente da tempo .
P.s sembrava tanto un film dedicato ai cani …
Ti dirò… L’ho messo giusto per passare un’oretta e siccome ha iniziato a piovere ho dovuto indossare le cuffie. È pieno di suoni sotterranei che mi hanno fatto cagare sotto, non credevo, le scene di uccisioni sono veramente pesanti, mi hanno nauseato. L attrice è romana e questo è fuor di dubbio, ma l’ho trovata molto credibile nell interpretare una non vedente, ho sofferto con lei. Ho trovato molto brava anche la Argento e mi ha ricordato tanto la mamma.
Siamo d’accordo non è Profondo rosso o La chiesa ma c’è di peggio. Io darei un 7.
Mammamia non vedevo un film cosi brutto non so da quanto tempo,Dario Argento forse è rimasto agli anni 80 con questa pellicola cosa credeva di fare?Ilenia Pastorelli pessima per questo ruolo,recita meglio il cane.Film orrendo.