La recensione di Last Words, il nuovo film del regista Jonathan Nossiter con Charlotte Rampling, Nick Nolte, Stellan Skarsgärd e Alba Rohrwacher: un road movie post-apocalittico che celebra la Terra e il cinema
Il cinema si sta sempre più interrogando sul nostro rapporto con l’ambiente e sul futuro che ci aspetta in caso di catastrofe climatica, ma il regista Jonathan Nossiter ha scritto e poi diretto Last Words anche come atto di amore verso il mezzo cinematografico stesso. Utilizzando la forma del cinema post-apocalittico e potendo contare su un cast in cui spiccano Charlotte Rampling, Nick Nolte, Stellan Skarsgård e Alba Rohrwacher, oltre all’esordiente Kalipha Touray, Nossiter ci parla di ambiente, di cinema e di speranza ma non riesce sempre ad unire la potenza dello stile a quella della narrazione.
La Terra nel futuro
Anno 2086. La Terra è reduce da una gigantesca catastrofe climatica che l’ha resa in gran parte inabitabile e inospitale, uccidendo miliardi di persone. Kal (Kalipha Touray) sta vagando da Parigi verso Bologna alla ricerca della Cineteca Nazionale, dopo aver perso sua sorella, quando si imbatte in un anziano che si fa chiamare Shakespeare (Nick Nolte). Quest’ultimo, all’inizio diffidente verso Kal, lo convincerà ad unirsi a lui per recarsi ad Atene, dove spera di trovare rifugio presso una comunità di vecchi amici. Dopo un lungo viaggio i due giungeranno in Grecia dove verranno accolti da una comunità di ultimi sopravvissuti che lavorano un’intera regione fertile, inclusi l’anziana Batlk (Charlotte Rampling), la giovane Dima (Alba Rohrwacher) e il loro leader Zyberski (Stellan Skarsgård).

L’amore per il cinema
Last Words è un film sul cinema, in tutte le concezioni possibili di quest’affermazione. Comincia come un road-movie sporco e asfissiante sulla scia di Mad Max e di Miller, ma poi diventa ultra-citazionista all’arrivo di Kal a Bologna durante il suo primo incontro con Shakespeare. È l’anziano uomo ad introdurlo alle meraviglie della settima arte, e in particolare alla pellicola, con un amore e una devozione che non possono non far pensare a quanto amore lo stesso James Nossiter ci abbia messo dentro. Frankenstein Junior, Andrej Rublev, Metropolis sono solo alcune delle pellicole che vengono proiettate, ma negli occhi di Kal c’è tutta la scoperta di un mondo e di un’arte che in un prossimo futuro potrebbe davvero non esistere più. In quelle immagini, in quelle inquadrature e in quelle storie è nascosto il seme della creatività e della bellezza, della meraviglia e dell’incanto perduti e di un’immaginazione in grado, ancora una volta, di salvarci dalle nostre stesse tremende azioni.

L’amore per l’ambiente
Nossiter però racconta anche di una Terra ridotta ormai allo stremo, saccheggiata, depredata, distrutta dalla forza venefica dell’avidità e della cecità. Last Words è un atto di amore verso il nostro pianeta e verso le sue incredibili manifestazioni vitali, perché lungo tutto il corso della sua opera Jonathan Nossiter cerca solo e soltanto la vita. Ed è così che il viaggio di Kal e Shakespeare si manifesta attraverso tutte le forme che danno vita: l’apertura al sesso di Kal, un pesce pescato e riassaggiato dopo decenni, l’abbondanza di acqua e di vegetazione florida che fa da contrasto alle rudità del deserto e delle città in rovina. Il tutto per dichiarare senza freni l’amore per questo pianeta che stiamo distruggendo, per questa casa che ci ospita da millenni e alla quale non prestiamo rispetto; lungi dall’essere un film meramente politico, Last Words cerca nella poesia dell’immagine e nei (pochi) dialoghi una chiave di denuncia ma soprattutto di celebrazione, una celebrazione che parte dai piccoli gesti e dalla conspaevolezza sempre più netta di non essere eterni né immortali, e di dover comunque sperare in un futuro migliore.

Una sceneggiatura debole
Il vero tallone di Achille di Last Words sta però nella sua sceneggiatura, perché l’impianto drammaturgico messo in piedi da Nossiter è fin troppo etereo senza che riesca mai a creare un conflitto interno o esterno reale. L’impressione è che il film vaghi in attesa di qualcosa come i suoi personaggi, senza che vi sia la volontà di dare una forma quantomeno meno fumosa all’atto della narrazione. Poi, certamente, il cast è formato da fuoriclasse che riescono anche con pochi tocchi a sopperire quasi del tutto alle mancanze di costruzione dei personaggi, ma non può bastare a far sì che alla fine di Last Words abbia un appiglio emotivo sufficiente affinché questo viaggio rimanga sottopelle. Restano una messa in scena suggestiva, anche se imperfetta, la sincerità totale nelle intenzioni e il coraggio nel portare avanti un’idea di cinema decisamente lontana da qualsiasi forma artefatta o ultra patinata, ma alle volte anche il coraggio ha bisogno di un po’ più di solidità.
Last Words. Regia di Jonathan Nossiter con Kalipha Touray, Nick Nolte, Charlotte Rampling, Alba Rohrwacher e Stellan Skarsgård, in uscita oggi nelle sale distribuito dalla Cineteca di Bologna.
Due stelle e mezzo