L’angelo del crimine, recensione del film sul più famoso ladro e serial killer argentino

L'angelo del crimine - locandina

L’angelo del crimine, diretto da Luis Ortega, racconta la storia di un serial killer spietato e insensibile, che ha sconvolto un intero Paese e che rimane, tutt’oggi, una delle pagine più nere dell’Argentina.

Carlos Robledo Puch

Il film L’angelo del crimine, di Louis Ortega è ambientato a Buenos Aires nel 1971. Giovane, spavaldo, dai riccioli biondi e la faccia d’angelo, Carlos (Lorenzo Ferro) entra nelle case delle persone benestanti e ruba tutto ciò che gli piace. L’incontro a scuola con Ramón, coetaneo dal quale è attratto, segna il suo ingresso in una banda di criminali, con la quale compie altri furti e soprattutto il suo primo omicidio, di fronte al quale rimane assolutamente impassibile. Fino alla morte dell’amato Ramón (Chino Darín) e oltre, Carlos proseguirà indisturbato le sue attività criminali, uccidendo ancora e talvolta facendo ritorno dai genitori come un figlio qualsiasi. Verrà arrestato dopo un colpo andato a male e l’assassinio di un complice.

Un sistema fallimentare

Bello, biondo, dagli occhi chiari e il viso pulito, in un’epoca in cui la superficialità e la disinformazione influenzavano un mondo che preferiva non vedere, un’epoca in cui un giovane del genere non poteva che essere il classico bravo ragazzo. Forse solo un po’ timido e chiuso. E invece porta con sé 11 omicidi e 42 rapine e non è il classico criminale. Per compiere azioni del genere bisogna avere i tratti marcati, provenire da famiglie povere, dai bassifondi, portare dentro e fuori l’oscurità tipica della malavita. Ecco che, una concezione del genere, permette a Carlos di agire indisturbato.

L'angelo del crimine 2
Lorenzo Ferro e Chino Darín in una delle scene più significative del film: l’adrenalina di poter avere qualcosa o qualcuno sotto controllo

Una bomba ad orologeria

Coinvolgente e frizzante, caratterizzato da colori sgargianti come una forte presenza del rosso e del verde e dal ritmo scoppiettante, L’angelo del crimine è scandito da una colonna sonora che spezza il film in scene dove ciò di cui è capace il bello e angelico Carlos sorprende sempre di più. Impassibile, apparentemente senza emozioni, lui non prova rimorso; tanto da chiedersi: sa quello che sta facendo? Dal grilletto facile e da una prontezza all’azione sconvolgente sente di tenere in mano la vita di tutti, dal ragazzo che ama, Ramón, al complice, fino a chiunque capiti sul suo cammino al momento sbagliato.

L’indifferenza raccontata

Una regia carica di ritmo, leggera, ma capace di trasmettere la tragicità degli avvenimenti e una fotografia che è cupa nei momenti in cui Carlos è vincente e luminosa quando invece è circondato da rischi e pericoli, L’angelo del crimine caratterizza il suo film con il contrasto. Anima e corpo, umanità e follia, amore e odio, reale e surreale, indifferenza e rimorso. Ma anche lacrime e gioia: il pianto finale di Carlos lascia senza fiato, però sempre con quella domanda a cui forse non è importante trovare risposta, perché piange? L’unica pecca del film sta forse nella complessità dei personaggi, dove a volte sembra non si vada abbastanza in profondità, ma è anche vero che ciò che vuole dire il film, oltre a raccontare i fatti, è qualcosa di diverso e di fuori dal comune, surreale, incredibile e lo affronta in modo assolutamente originale.

L’angelo del crimine, diretto da Louis Ortega, con Lorenzo Ferro, Chino Darín, Mercedes Morán, Daniel Fanego, Luis Gnecco, esce oggi giovedì 30 maggio distribuito da Bim Distribuzione e Movies Inspired.

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