La Nina, il racconto track by track del nuovo album Furesta

    La Nina - ph. Gesualdo Lanza
    La Nina - ph. Gesualdo Lanza

    Furesta è il nuovo album de La Nina, cantautrice, musicista e performer partenopea, ecco la descrizione delle dieci canzoni che lo compongono

    Furesta è il nuovo album de La Nina –cantautrice, musicista e performer partenopea– in uscita venerdì 21 marzo per BMG e che affonda le Furesta è il nuovo album de La Nina –cantautrice, musicista e performer partenopea– ue radici nella tradizione della musica popolare napoletana, offrendo una visione che mescola innovazione e heritage, senza mai perdere il legame profondo con la cultura e l’identità di Napoli. 10 tracce, tra cui le speciali collaborazioni con KUKII – cantante, compositrice e produttrice egiziana-iraniana – e Abdullah Miniawy – poliedrico artista di origini egiziane.

    Ispirata dalla potenza che la musica ha sempre avuto nel raccontare e celebrare le comunità, La Nina, al secolo Carola Moccia, mette da parte l’espressione individuale per dare spazio all’arte come mezzo di comunicazione universale e intraprende un percorso musicale che, partendo dall’essenza della città, prova a rispondere con amore e autenticità ai processi che oggi la consumano, impoverendone la terra, la cultura e l’immagine. Con una sensibilità unica – affiancata dall’autore, produttore e polistrumentista Alfredo Maddaluno – si fa portavoce delle urgenze collettive, canalizzando importanti messaggi in composizioni sonore estremamente ricercate, maestose ed evocative.

    La tracklist dell’album

    1. Guapparìa
    2. ‘O ballo d’ ‘e ‘mpennate
    3. Ahi!
    4. Oinè
    5. Tremm’ (with KUKII)
    6. Chiena ‘e scippe
    7. Mammama’
    8. Figlia d’’a Tempesta
    9. Sanghe (with Abdullah Miniawy)
    10. Pica Pica

    La Nina - cover Furesta
    La Nina – cover Furesta

    La track by track

    1. Guapparìa

    Tassello inaugurale, è un brano che parte dall’essenza della città, provando a rispondere con amore e autenticità ai processi che oggi la consumano, impoverendone la terra, la cultura e l’immagine. Il brano utilizza la musica come strumento per indagare e riflettere sulla realtà
    esplorando le contraddizioni di un sistema che, da un lato, ostenta fede e tradizioni – “Tien’ ‘e sant’, crire ‘a Ddio ma nun chiagne pe’ chi more” – e dall’altro alimenta una narrazione consumistica della città, glamourizzandone i problemi e rafforzando stereotipi e distorsioni.

    2. O ballo d’ ‘e ‘mpennate

    Un brano dal forte carattere organico e rituale, realizzato utilizzando esclusivamente suoni legati ai cavalli: il ritmo è interamente costruito con il suono degli zoccoli che donano al brano un’energia primitiva e una distintiva percussività. Co-prodotto con Matteo Parisi, O ballo d’ ‘e ‘mpennate ha un’anima oscura e visionaria, fortemente legata alla terra e alla ritualità,
    dall’atmosfera quasi mistica. Anche il testo richiama tradizioni antiche: il ritornello si basa su un grido ripetitivo e privo di significato semantico preciso simile ai canti popolari femminili, reinterpretati in chiave più cruda mantenendo la visceralità della musica popolare ma trasportandola in un contesto sperimentale e contemporaneo. Il titolo si rifà a un ballo istintivo e selvaggio, dove ritmo e corpo si fondono in un’esperienza tribale accentuata dall’uso di suoni evocativi e da un’atmosfera cupa e ritualistica.

    3. Ahi!

    Ahi! è l’unico pezzo d’amore dell’album. Racconta, con un tono diretto e quasi didascalico, un amore finito male. A parlare è un cuore ferito, amplificato dalla presenza del coro con cui si alterna nel canto. Nonostante la malinconia dominante, il brano lascia spazio a un sottile velo di autoironia alleggerendo il racconto delle pene d’amore. Musicalmente Ahi! si ispira al bolero e si distingue per influenze sudamericane e messicane in linea con la storica contaminazione della canzone partenopea da sempre in dialogo con sonorità lontane. L’uso ciclico del suono Ahi enfatizza la dimensione lamentosa ed evocativa della sofferenza d’amore, facendo del brano una sorta di lamento dolce e doloroso, un grido di disperazione che si trasforma in una canzone dall’anima popolare e senza tempo.

    4. Oinè

    Brano dal forte impatto lirico e simbolico, Oinè mette in scena un confronto tra un gatto e un serpente, con il primo che scaccia il secondo dal suo territorio a suon di insulti e parole crude. Questo linguaggio diretto richiama la tradizione della canzone popolare napoletana, che alterna lirismo romantico e violenza verbale, ispirandosi alle moresche o alle poesie oscene di Ferdinando Russo. Il testo, carico di tensione e invettive, riflette il lato più crudo e viscerale della tradizione partenopea, facendo di Oinè un omaggio alla sua eredità musicale più autentica e ribelle.

    5. Tremm’ (with KUKII)

    Tremm’ è una composizione intensa e profondamente simbolica ispirato al bradisismo di Pozzuoli, fenomeno naturale che provoca scosse sismiche e crea un senso di precarietà e vulnerabilità, riconoscibile nel brano attraverso suoni profondi e cupi ottenuti con tamburi a pelli poco tese e una tammurriata distorta che evocano i boati del terremoto. La collaborazione con KUKI, artista di origini egiziane, aggiunge un ulteriore strato di complessità e profondità al pezzo.

    In una lunga telefonata con Carola ha condiviso la frase “There’s something peaceful in surrender” (“C’è qualcosa di pacifico nell’arrendersi”): questa idea di trovare pace nell’accettazione dell’impotenza di fronte alla forza della natura è diventata così il cuore emotivo della canzone.

    La particolarità di Tremm’ si percepisce anche nella produzione: l’utilizzo dei capelli di Carola per creare un effetto di fruscio sui tamburi arricchisce la texture sonora del pezzo, e la co-produzione di Matteo Parisi contribuisce a dare coesione al brano mantenendo un equilibrio tra sperimentazione sonora e radici tradizionali. Tremm’ è dunque un atto di meditazione che riflette la fragilità umana di fronte alla potenza della natura, trovando però una forma di pace e connessione in questa resa.

    6. Chiena ‘e scippe

    Chiena ‘e scippe è un brano che esplora la nostalgia dell’infanzia attraverso l’immagine dei graffi sulle mani, simbolo di un’epoca vissuta con intensità e spensieratezza. Il ritornello esprime il contrasto tra il corpo segnato dal gioco e un cuore ancora integro, non toccato dalle sofferenze della vita adulta. A livello armonico, il brano si sviluppa sull’alternanza di Re minore e Re maggiore, espediente tipico della tradizione napoletana dove la strofa malinconica rappresenta il ricordo da adulta e il ritornello in maggiore rievoca la gioia dell’infanzia.

    L’uso di strumenti come il clavicembalo e la spinetta aggiunge un tocco barocco alla musicalità del brano, proseguendo con la ricerca sulle origini più profonde della musica napoletana. Chiena ‘e scippe è un pezzo dal forte impatto emotivo che unisce epicità e malinconia, raccontando l’infanzia come un tempo di libertà assoluta, ormai perduto ma ancora vivo nella memoria.

    7. Mammama’

    Mammama’ – secondo singolo estratto nella versione live at Auditorium 900 – è un brano unicamente vocale in cui La Nina scava e arriva all’elemento puro del canto, indagando il potere della voce nuda e cruda che può fare, dare e raccontare anche senza il supporto di ulteriori strumenti e di casse armoniche diverse dalla propria cassa toracica. Mammama’ racconta una storia autobiografica di abusi verbali, di manipolazioni attraverso le parole che sanno essere pericolose, dannose e arrivare a spezzare la gioia e il cuore di una persona.

    Il coro attorno a La Nina, in un atto di salvezza, la esorta a rimettersi in sesto: non è altro che una sua estensione, è lei che si fa forza da sola per sublimare un momento di solitudine. La scelta di realizzare un video live all’Auditorium Novecento di Napoli è nata dall’esigenza di immortalare in un piano sequenza, proprio come una fotografia, un qualcosa che non
    venisse poi aggiustato o manipolato ma che rimanesse puro, liberatorio e bellissimo nel suo essere, per natura, irripetibile. Come avviene nei migliori spettacoli di De Simone – in questo caso in chiave contemporanea – il coro esorta il cantore, cioè la voce principale, ripetendo ciò che dice.

    8. Figlia d’ ‘a Tempesta

    Figlia d’ ‘a Tempesta è un brano esplicito e fortemente schierato che affronta la condizione della donna nella società con una rabbia intensa e viscerale. Il pezzo è una vera e propria parabola di vita femminile che mette in evidenza le pressioni sociali e i ruoli imposti alle donne fin dalla nascita. Figlia d’ ‘a Tempesta si sviluppa su un impianto corale e ritmicamente travolgente, arricchito da strumenti tradizionali come la chitarra battente, il clavicembalo, il mandolino e i tamburi. Questa fusione tra modernità e tradizione amplifica il senso di radicamento culturale del brano, mantenendo però una carica contemporanea e universale. È un brano che non offre consolazioni, è una rivolta cantata, un’accusa diretta contro un sistema che continua ad opprimere senza reali progressi.

    9. Sanghe (with Abdullah Miniawy)

    Sanghe è un brano poetico e visionario, nato dalla collaborazione con Abdullah Miniawy, in cui dialetto napoletano e arabo si intrecciano in un dialogo sonoro che richiama un inseguimento tra voci. Il tema centrale è la guerra, affrontata in modo filosofico esplorando la sua inevitabilità e ciclicità nella storia umana. La scrittura si è sviluppata privilegiando l’assonanza delle parole prima ancora della loro comprensione, creando un’atmosfera sospesa e dilatata sia a livello lirico che musicale. La produzione, curata principalmente da Abdullah con interventi di sound design di Alfredo Maddaluno, amplifica questo carattere etereo e simbolico.

    Nonostante il tema, il brano non descrive la guerra in modo diretto ma la evoca attraverso immagini archetipiche, lasciando spazio all’interpretazione. L’esperienza personale di Abdullah, emigrato a Parigi dall’Egitto durante la Primavera Araba, aggiunge autenticità e profondità emotiva, rendendo Sanghe una riflessione intensa e senza speranza sulla natura della guerra, trasformata in poesia e suono.

    10. Pica Pica

    A chiudere l’intensa e viscerale tracklist è Pica Pica. Il titolo si ispira al nome scientifico
    della gazza ladra (pica pica), giocando allo stesso tempo con il gioco linguistico della ripetizione nella lingua napoletana, dove l’espressione “pica pica” indica un’ostinazione caparbia nel perseguire un obiettivo, proprio come fa la gazza quando studia il territorio prima di rubare.

    La Nina - foto di Gesualdo Lanza
    La Nina – foto di Gesualdo Lanza

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