La nostra recensione di Kraven – Il cacciatore, nuovo tassello dell’universo Sony/Marvel diretto da J.C. Chandor con Aaron Taylor-Johnson e Russell Crowe: alcune idee ci sono, il ritmo pure ma in generale si sente un odore di naftalina che stona con le intenzioni
Dopo la trilogia di Venom e Madame Web è il turno di Kraven – Il cacciatore, per quella che per il momento sarà l’ultima pellicola del Sony Spiderman’s Universe. Un finale che è migliore dei due sopracitati, grazie anche all’apporto (per quanto minimo) di un cast di nomi altisonanti come Aaron Taylor – Johnson, Russell Crowe, Ariana DeBose, Alessandro Nivola e Fred Hechinger e grazie anche al contributo registico del ritrovato J.C. Chandor (Margin Call, All is Lost, 1981: Indagine a New York); allo stesso tempo, però, è anche una pellicola che non sfrutta appieno alcune buone idee e che pur tenendo discretamente ritmo e pacing non riesce a togliersi la polvere di dosso.
L’uomo della vendetta
Sergei Kravinoff (Aaron Taylor – Johnson) è il figlio del potente boss mafioso Nikolai (Russell Crowe), oltre che il fratello di Dmitri (Fred Hechinger), ed ha un rapporto burrascoso con il padre. Per anni, dopo la sua fuga da casa, è diventato un cacciatore di uomini spietati e criminali conosciuto come Kraven, ma quando una forza minacciosa dal passato minaccerà la vita di Dmitri, Segrei dovrà allearsi con Calypso (Ariana DeBose) per fronteggiare il malvagio Rhino (Alessandro Nivola), deciso a vendicarsi dei Kravinoff una volta per tutte.
La famiglia, croce e delizia
Che strana la carriera di J.C. Chandor. Cominciata con il bel dittico Margin Call e All is Lost, per poi proseguire con quella piccola perla di A Most Violent Year, negli ultimi dieci anni sembrava essersi arenata tra discutibili film Netflix e qualche episodio di serie non propriamente memorabili. Poi arriva la Sony e l’ex enfant prodige americano si tuffa in questa storia di legami famigliari, vendette, redenzione morale, giustizieri dai superpoteri e iperviolenza come se fosse la cosa più naturale del mondo anche se poi, a prodotto finito, qualcosa non torna. Il punto è che Kraven – Il cacciatore aveva dalla sua più di una carta vincente in partenza, quindi come mai l’ingranaggio si è inceppato.
Cominciamo subito col dire che in questo – per ora- ultimo lungometraggio del Sony Spiderman’s Universe le idee non mancano, e che alcune di queste sono pure interessanti. Per esempio è interessante l’approccio più “grounded” (cioè coi piedi ben piantati al suolo) e intimista che la narrazione sembra avere almeno fino al midpoint, è interessante il rapporto che Nikolai costruisce con i propri figli perché è basato su una visione del mondo da homo homini lupus in cui la vera forma d’amore è il controllo, il mantenimento del potere, l’esaltazione dello status quo.
Ma è anche interessante perché, almeno a questo giro, i personaggi non sono completamente delle macchiette archetipali, perché hanno delle motivazioni, dei “ghost”, delle ferite e perché, scavando appena, a Chandor interessano moltissimo le dinamiche di questa famiglia disfunzionale. Mettiamoci pure che la costruzione di ritmo e pacing riescono a mantenere un sottile strato di tensione diegetica, quindi una progressione drammaturgica non propriamente shakesperiana ma quantomeno discreta e che il cast riesce a metterci del suo per quanto Johnson e Crowe non vadano molto al di là del minimo sindacale, mentre Fred Hechinger è il migliore del lotto.
L’incapacità di rinnovarsi
Resta il fatto che, alla fine delle due ore di durata, la sensazione è quella di aver appena assistito ad un film più vecchio del proprio tempo. Chandor dimostra ancora di saper far bene il proprio mestiere e azzecca il tono thriller dei primi due atti, per poi abbandonarlo inspiegabilmente nell’atto decisivo preferendogli un afflato più epico che al film non serviva. Ma messa in scena e scrittura, qui più ancora che in altre occasioni, non riescono a fare quel salto di qualità scrollandosi di dosso la polvere, rimangono troppo basilari in certi momenti e mostrano il fianco con più di una scelta discutibile.
Kraven – Il cacciatore è una pellicola che non si rinnova e non rinnova la direzione di un universo ormai alla deriva, e anche se probabilmente non era suo compito farlo avrebbe potuto mostrare gli artigli, partire all’attacco e provare a sconquassare la formula invece di aderirvi con preoccupante pigrizia. Il risultato finale è quello di un film tanto divertente quanto piatto, sebbene le due cose possano sembrare antitetiche, perché non riesce ad andare al di là di una storia che non riserva particolari sorprese o far dialogare personaggi così tridimensionali e sfaccettati da tenere alta l’asticella dell’ambiguità, il senso del pericolo, la possibilità del tradimento.
Ci resta quindi un’epopea familiare di azione, tradimenti, valori morali ed etici quantomeno discutibili che però non è né abbastanza intelligente da permettersi una certa seriosità e né abbastanza divertente da poter strabordare e stupire lo spettatore. Si rimane a metà, e in questo caso a perdere è lo spettacolo mentre qualche rimpianto affiora.
TITOLO | Kraven – Il cacciatore |
REGIA | J.C. Chandor |
ATTORI | Aaron Taylor-Johnson, Russell Crowe, Fred Hechinger, Ariana DeBose, Alessandro Nivola, Christopher Abbott, Levi Miller |
USCITA | 11 dicembre 2024 |
DISTRIBUZIONE | Eagle Pictures |
Due stelle e mezza