Il gustoso remake de Il giustiziere della notte, diretto da Eli Roth, vede protagonista Bruce Willis nei panni che furono di Charles Bronson. Ma l’approccio sarà totalmente diverso.
Una tragica notte
Arriva nelle sale italiane il remake de Il giustiziere della notte (Death Wish), diretto da Eli Roth con protagonista Bruce Willis nei panni che furono di Charles Bronson. Il chirurgo Paul Kersey è impegnato quotidianamente nel tentativo di salvare vite umane. Quando durante un turno in ospedale una banda di criminali irrompe in casa sua uccidendo la moglie e mandando in coma la figlia adolescente, e dopo essersi reso conto che la polizia difficilmente arriverà ai colpevoli, Kersey deciderà di farsi giustizia da solo, ingaggiando una personale battaglia notturna contro il crimine. E l’opinione pubblica si dividerà tra chi lo appoggia e chi lo rifiuta.
Charles Bronson nel mito
Era il 1974 quando, grazie a Il giustiziere della notte, Charles Bronson iniziò ultraquarantenne una seconda carriera attoriale come “vendicatore metropolitano”, etichetta che gli resterà attaccata per il resto della carriera, superando per fama i suoi ruoli in western come I magnifici sette o C’era una volta il West di Sergio Leone. Il film ebbe un tale successo al botteghino da avere ben 4 sequel nell’arco dei successivi 20 anni, inaugurando il filone di pellicole sulla violenza urbana e il cittadino che si fa giustizia da sé. Già, perché l’interrogativo primario (e scomodo) del film originale, così come di questo remake, è proprio questo: là dove non arrivano la legge e le istituzioni, è giusto farsi giustizia da soli?
Dalla vita alla morte
Se nel film originale l’architetto Charles Bronson prendeva consapevolezza dell’uso delle armi dopo una trasferta di lavoro a Tucson, diventando poi un algido e spietato killer di criminali generici (quasi compiaciuto delle sue gesta), qui il chirurgo Bruce Willis trae ispirazione dal suocero intento a contrastare dei bracconieri, mantenendo però una componente di umanità che lo spinge ad uccidere perlopiù in funzione dell’arrivare ai colpevoli del crimine commesso contro la sua famiglia. Questo dualismo tra il chirurgo salva vite Paul Kersey diurno e il giustiziere Paul Kersey notturno va avanti tra mille rimorsi perché, almeno all’inizio, in lui non c’è compiacimento per le gesta che compie, mentre il discorso cambierà quando si troverà davanti coloro che gli hanno rovinato la vita (momento al quale Bronson invece non riuscì ad arrivare).
Eli Roth, lo splatter e le armi
Infatti il remake diretto da Eli Roth (regista dei sanguinolenti Hostel 1 e 2, e The Green Inferno) si divide in sue diverse sezioni: all’inizio una lunga (forse troppo) prima parte “preparatoria”, incentrata sugli scrupoli di un uomo comune non avvezzo all’uso delle armi ed abituato ad adoperarsi quotidianamente per salvare vite, che lentamente arriva alla consapevolezza che l’unico modo per avere giustizia è farsela da sé; poi il ribaltamento di metà film lo porterà ad uccidere ripetutamente, ricorrendo anche all’utilizzo della tortura, con scene a volte gustosamente splatter (altrimenti non sarebbe un film di Eli Roth no?), come quella dell’officina. Un remake che prende consapevolmente una strada decisamente diversa rispetto alla secchezza dell’originale, con diversi tocchi di humor e adeguandosi ai tempi attuali anche con (poco velate) critiche alla facilità di ottenere un’arma negli Stati Uniti (la scena di Kersey in armeria con la commessa che gli propone pistole e fucili come se gli stesse vendendo dei gelati), e la deriva dei social media.
Se nel film originale i giornali si occupavano del misterioso giustiziere, nel 2018 sono i social media a dargli immediata notorietà: una ragazza ha infatti filmato dalla sua finestra il momento del primo omicidio di Kersey (coperto dal cappuccio della felpa), nel tentativo di salvare una coppia a cui stavano rubando il suv, finito in tragedia dopo che i malviventi hanno risposto al fuoco. Da quel momento, un po’ come accadeva per Spider-Man nel recente reboot, il giustiziere col cappuccio sarà il tema di discussione di social, radio e televisioni, con accesi dibattiti tra chi parteggia per lui e chi lo ritiene invece un criminale. L’anti-eroe diventa quindi soggetto dell’invadenza dei social nel mondo moderno, che ci restituisce l’immediatezza delle notizie, ma anche la possibilità che ognuno possa dire la sua (il che non è sempre una cosa positiva), fino al rischio di generare emulazioni.
Bruce Willis docile e poi letale
l remake de Il giustiziere della notte era in cantiere da oltre un decennio, originariamente proposto da Sylvester Stallone e poi via via passato di mano, da Liam Neeson a Benicio del Toro, prima di arrivare a Bruce Willis. E così è l’ex “duro a morire” a vestire i panni di Charles Bronson, ma con un approccio diverso, come già detto. Se inizialmente ci vuole un po’ a metabolizzare il Bruce Willis chirurgo buono e padre di famiglia, poi lo ritroviamo nel suo ruolo più adeguato di duro e violento, alla fine anche in parte compiaciuto, che indubbiamente gli calza più a pennello. Ottimi tutti i comprimari, dalla moglie vittima Elisabeth Shue alla bellissima figlia Camila Morrone, dal fratello Vincent D’Onofrio al detective Dean Norris, che svolgeranno un ruolo fondamentale nel districarsi della vicenda.
Il giustiziere della notte, diretto da Eli Roth, con Bruce Willis, Vincent D’Onofrio, Elisabeth Shue, Dean Norris, Camila Morrone, Jack Kesy, Kirby Bliss Blanton, Mike Epps, Len Cariou, Kimberly Elise, Beau Knapp, Ronnie Gene Blevins è in sala dall’8 marzo, distribuito da Eagle Pictures.