Nell’incontro con la stampa Ghemon ci ha raccontato di Momento perfetto, brano con cui ritorna in gara al Festival di Sanremo, del nuovo album E vissero feriti e contenti e di molto altro
Ghemon è pronto a calcare per la seconda volta il palco dell’Ariston in occasione del Festival di Sanremo 2021 con Momento perfetto, contenuto nel nuovo album di inediti dal titolo E vissero feriti e contenti e nell’incontro con la stampa al quale abbiamo partecipato ha raccontato la novità per lui di pubblicare un altro progetto a solo un anno di distanza dal precedente Scritto nelle stelle: «Dopo aver finito un disco puoi non avere energia e andare in giro per i concerti, incontrare gente ti ricarica le pile. Realizzare un album nuovamente dopo un anno è una cosa strana e nuova per me e che non ci sarebbe stata se la situazione fosse stata normale. Non avrei potuto concentrarmi sulla mia musica e chiudermi in studio. Volevo un titolo che riguardasse il periodo che stavamo vivendo ma senza includere esclusivamente malinconia e ricordarci quanto siamo tristi ma lanciare anche un messaggio indirizzato al futuro».

Un album che parte dall’autobiografico per estendersi alla collettività: «La musica è comunicazione in senso ampio, le canzoni sono figlie della mia esperienza e allo stesso tempo se non fossi osservatore non potrei scrivere. Vedo la mia generazione, quelli più grandi di me, crescendo si danno e si prendono delle botte, si può reagire lamentandosi o con il sorriso sulle labbra, io ho scelto la seconda opzione e racconto la fine di una fiaba e l’inizio di qualcosa di nuovo. Ho concepito il disco come un copione, ci sono tanti episodi, elementi narrativi che si legano tra di loro. Avevo uno studio vicino a un doppiaggio, è un campo che mi ha sempre affascinato, è un uso della voce e delle parole che mi affascina e che crea immagini».
Molto particolare la copertina con un gatto sulle spalle del cantautore: «Con me ho un gatto pronto a scattare come il sottoscritto, è il mio settimo album e loro hanno sette vite, penso di averle vissute altrettante, era davvero simbolica la presenza di un felino». Un approccio più immediato alla scrittura e la volontà di scrivere pezzi che possano restare: «Mi sono chiesto come faccio a rendere elegante musicalmente una storia, ricerco un approccio più immediato alle idee senza dover scrivere un’opera magna e provo a mettere una cifra di me stesso che non ho fin qua dimostrato: la parte ironica e divertita. Come ascoltatore mastico tantissimi generi, perfino il reggae l’house, ma lo riprendo nella mia musica solo quando riesco a declinare quei suoni a modo mio, sono sicuro che tra dieci anni quando eseguirò i miei pezzi sul palco parleranno ancora di me, cerco di fare cose che possano resistere allo scorrere del tempo senza accantonarle in un cassetto».

Un disco corale in un momento di solitudine collettiva: «Per la prima volta nella mia carriera ho scritto un disco corale, da remoto e quando possibile in studio con massimo tre persone e con le mascherine e i distanziamenti necessari. Figuro anche come produttore insieme a Filippo Previtera. Sono più aperto io e questo si riflette anche sulle mie canzoni, c’è una frase di Lucio Dalla davvero veritiera: Per piacere alla gente ti deve piacere la gente».
Il brano in gara al Festival ha un arrangiamento avvolgente in cui spiccano i fiati (parte curata, arrangiata e suonata dal trombettista, vincitore di 11 Grammy, Philip Lassiter, ex membro della New Power Generation di Prince), è un inno a chi reagisce in una società che spesso sfrutta il lavoro senza dare opportunità e che costringe a troppi compromessi: «La musica è molto energica e gioiosa, mentre il testo affronta temi generazionali, legati anche a generazioni prima della mia. Ho guardato dentro e fuori di me. Ritenevo che servisse una lettura internazionale sui fiati e ho pensato a Philip, dopo molta titubanza e remore mi sono fatto coraggio e ho proposto a lui di darmi un contributo, ha risposto alla mail dopo mezz’ora e dopo tre giorni mi ha mandato il tutto».

Ritorna al Festival dopo una partecipazione come ospite di Diodato e Roy Paci e come concorrente con Rose viola: «Quando sono andato per la prima volta al Festival come ospite di Antonio, incontro una ragazza e mi dice che sono bravissimo e che ha votato per me dall’inizio della settimana. Manca una parte di folklore che al di là di tutto ci piace, l’ emozione di salire sul palco è la stessa, ho fatto un sacco di strada nella mia carriera e non è la prima volta che ho cantato di fronte a una platea vuota, mi sono fatto le ossa in questo modo». Riguardo alla scelta dei Neri per caso nella serata delle cover dice: «Ho riascoltato il loro catalogo, non c’è una gran tradizione di gruppi vocali in Italia. Li ho scelti non per la nostalgia ma per far capire come la musica italiana sia malleabile, non solo struggente in forma acustica ma anche per sette voci. Riguardo alla mia performance vi anticipo che la cosa dove resto nudo non la faccio».
