Francesca Michielin, recensione di Feat: un album contemporaneo e sperimentale

Francesca Michielin 2

Feat è un disco internazionale, contemporaneo e fresco. Tutte potenziali hit. Sperimentalismo e voglia di incontrare mondi artistici differenti hanno spinto Francesca Michielin a muoversi in questa direzione e il coraggio è stato assolutamente premiato.

Quanta strada che ha fatto Francesca Michielin rispetto al 2012 quando vinse X Factor con Distratto, un brano ben scritto da Elisa ma molto tradizionale. Un percorso fatto di continua ricerca e del desiderio di non rimanere ancorata in una confort-zone e che ha spinto la cantautrice veneta ad azzardare un progetto discografico molto particolare. 11 canzoni, 11 featuring con artisti molto diversi tra loro, ognuno dei quali ha portato il suo stile e il suo sound all’interno del pezzo con il prodotto finale di altissimo livello. Feat è un disco internazionale, contemporaneo, versatile, fresco. Tutte potenziali hit. Sperimentalismo e voglia di incontrare mondi artistici differenti hanno spinto la Michielin a muoversi in questa direzione e il coraggio è stato assolutamente premiato.

Partenza con il botto

Si parte con Stato di natura con i Maneskin. Due minuti di puro rock con un testo in cui senza peli sulla lingua sono criticati i comportamenti di una società ancora troppo ancorata al patriarchismo, nonostante le lotte e i risultati comunque ottenuti in termini di emancipazione femminile:« Rivendichiamo per il corpo la libertà/ Ma critichiamo una ragazza che si veste come le va/ Usate il nostro seno ovunque, una cosa normale/ Ma se allattiamo in pubblico? (Non si fa, è immorale)/ Siamo schiavi di una cultura patriarcale/ La cultura del possesso/ Dove nessuno può più scegliere da che parte stare». Molti rimarranno stupiti a sentire la Michielin cantare rock ma ricordo che non è mai stato nascosto il suo amore viscerale verso i Red Hot Chili Peppers.

Acustico, leggerezza ed estate

Tre brani rilassano e trasmettono leggerezza. Leoni con Giorgio Poi ha un arrangiamento dominato dalla chitarra e da un riff che si adatta al tema estivo del brano, con code in autostrada, stelle nel cielo, il profilo del mare che ci rilassa. Un pò Lucio Dalla, un pò cantautorato romano di fine anni ’90: «Ma quando arriva l’estate, sembra che tutto rimanga uguale, ma di un altro colore/ E ci si ferma a parlare per ore, davanti al portone». Star Trek con Carl Brave: i fiati e lo stile del rapper romano che si innestano nel pezzo che racconta di una relazione troppo oppressiva in un’estate afosa con il dubbio che la gelosia sia dettata dalla paura d’amare. La vie ensemble è la vera sorpresa del disco. Una canzone in francese insieme a Max Gazzè. Coraggiosa la scelta ed eccellente il risultato finale con una melodia che ricorda molto la musica d’oltralpe.

Tormentoni sì, tormentoni no

Acqua e sapone vede la collaborazione di Tommaso Paradiso nella scrittura, Takagi e Ketra nella musica e di Fred De Palma. Ci si aspetta un tormentone in piena regola, tendente al reggaeton e invece il beat è molto retrò ma allo stesso tempo fresco e piacevole. Si sente la penna dell’ex frontman dei The Giornalisti. Fred rappa finalmente, anche se con un pò di autotune evitabile. Il pezzo funziona. Difficile esca come singolo, specialmente per quest’estate. Il tormentone per la bella stagione 2020 sembra invece essere Yo no tengo nada con la partecipazione di Elisa e la base del maestro Dario Faini, in arte Dardust, che continua a sfornare gioielli radiofonici con un ritornello che spacca anche grazie a due voci che si amalgamano benissimo. Alzare l’audio e ballare.

Frecciatine sentimentali

Sposerò un albero ha una base introdotta dal basso con citazione a Del verde di Calcutta nella prima strofa, con il quale si vocifera abbia avuto pure un flirt oltre che una collaborazione artistica, arrangiamento molto elegante, contemporaneo ed internazionale: «Sul foglietto illustrativo c’è scritto espressamente di mandare ogni tanto tutti un po’ a fanculo…..sposerò un albero faremo figli dei fiori non c’è giusto o sbagliato con le radici nel cuore». Gemitaiz rappa nell’inciso che anticipa l’ultimo ritornello. Monolocale ricorda molto il rap italiano di fine secolo, in grado di unire swing, blues e r’n’b. Il brano parla di una relazione con una persona che da un giorno all’altro diventa famosa, cambiando atteggiamento e montandosi la testa, al punto da lasciare l’amata. Molto azzeccati i cori e Fabri Fibra non sbaglia mai un feat.

I singoli già estratti

Riserva naturale ha il testo migliore del disco. Base minimal dominata dalla batteria.  Descrive i momenti che ha vissuto appena sono arrivata a Milano quando, venendo da una dimensione più bucolica ha dovuto affrontare la sensazione di spaesamento tipica della vita in città. Geniale il verso: «Volevo il mare senza pregiudizi però mi farò bastare due gabbiani blu ma arrivano solo quando visualizzi tu» come una citazione a Stranger Things. Cheyenne è stato il primo singolo estratto dal disco e inserito nella top 10 dei brani migliori del 2019.

Gange racconta il fatto che, nonostante la consapevolezza che potrebbe arrivare l’ennesimo colpo duro, c’è sempre la speranza di far vincere la paura di rimanere scottati. Anche il sound del brano aiuta a far passare questo messaggio: il featuring con il rapper Shiva ha un set elettronico ma allo stesso tempo vintage che crea il giusto binomio per dare vita ad un singolo da ballare. Il titolo invece deriva dal nome di uno dei più grandi fiumi del subcontinente indiano e che, secondo gli indù, è un fiume sacro. Non a caso nella canzone la Michielin cita il fiume nella frase “Piove e vorrei lavare via tutto come dentro il Gange“: nella religione degli indù c’è la convinzione infatti che effettuando il bagno nel Gange in alcune particolari occasioni si ottenga il perdono per i peccati commessi e si possa raggiungere la salvezza.

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