La recensione di Fall, il nuovo survival thriller del regista Scott Mann con Grace Caroline Currey e Virginia Gardner intrappolate a 640 metri d’altezza. Tra mancanza di cibo e acqua, avvoltoi in agguato e un temporale che si avvicina riusciranno a trovare un modo per scendere?
Dopo una folle corsa in autobus tra le strade di Los Angeles e uno stadio inglese letteralmente preso d’assalto, il regista Scott Mann si cimenta con una delle paure più ancestrali dell’uomo: l’altezza. Fall è un survival thriller teso e adrenalinico in cui due giovani amiche si ritrovano intrappolate a 640 metri d’altezza (quasi due volte l’Empire State Building), su una struttura strettissima e fatiscente e in preda a tanti pericoli naturali. Non è Hitchcock, ma non vuole neanche esserlo.
La vita è una scalata
Becky (Grace Caroline Currey) e Hunter (Virginia Gardner) sono due amiche drogate di adrenalina che praticano diversi sport estremi, tra cui il free-climbing. Durante un’arrampicata insieme al marito di Becky, Dan (Mason Gooding), qualcosa va storto e quest’ultimo precipita dalla parete senza ormai più nessuna protezione. Un anno dopo la morte del marito Becky non è ancora riuscita a superare né il trauma e né il lutto, nonostante suo padre James (Jeffrey Dean Morgan) faccia di tutto per provare ad aiutarla. “Fortuna” vuole che Hunter si ripresenti alla sua porta con un piano decisamente folle: scalare un’altissima torre radio, ormai abbandonata, che si trova nel bel mezzo del deserto del Mojave per poi postare l’impresa sui social. Superata qualche incertezza Becky decide di accettare, e le cose sembrano girare piuttosto bene all’inizio. Dopo una lunga salita le ragazze arrivano finalmente in cima alla torre da cui godono di un panorama mozzafiato, ma la scala esterna cede d’improvviso lasciandole bloccate sulla piccola piattaforma sotto l’antenna. Senza cibo né acqua e con i cellulari che non prendono, dovranno trovare un modo per scendere prima di morire di fame o di sete o, peggio, prima di precipitare al suolo.

Una storia di fantasmi
Il motto di Hunter, un po’ sciocco e superficiale ad essere onesti ma atto a giustificare l’impresa spericolata, è quello di vivere intensamente ogni minuto che passa perché la vita è breve e per questo preziosa. Non stupisce affatto quindi come per Hunter il modo migliore per affrontare un trauma, i fantasmi del passato, sia quello di sconfiggerli sul suo stesso terreno di gioco: in questo caso la paura atavica e primordiale dell’altezza. Becky invece è esattamente il suo opposto, è riflessiva, sin troppo razionale e sa perfettamente che con i fantasmi non conviene mai giocare ad armi pari, figuriamoci in casa loro. Nel corso di Fall, però, man mano che i segreti verranno alla luce e che in qualche modo le maschere cadranno anche Becky sarà costretta ad affrontarli quei fantasmi. A vederli e a sentirli, ad avvertirli e a parlare con loro, non solo per riuscire a sopravvivere alla torre ma anche e soprattutto alla verità sulla propria vita.

Dall’alto si vede tutto
Quando le due ragazze arrivano finalmente in cime alla torre, dopo una lunga e faticosa salita fatta anche di qualche piccolo intoppo, il panorama che si trovano davanti è mozzafiato. Vedono tutto dall’alto, anche grazie ad un binocolo che trovano nella scatola di emergenza in cima alla piattaforma, ma nessuno è in grado di vedere loro. Ed è in questo contrasto che la natura di un film come Fall riesce ad esprimersi al meglio: Becky e Hunter riescono finalmente a vedersi l’un l’altra chiaramente solo una volta salite in cima. Si vedono per gli errori che hanno commesso, per i sensi di colpa che non avevano mai voluto affrontare fino a quel momento (Becky nei confronti del padre James, Hunter nei confronti della stessa Becky), per le bugie. La loro relazione riesce ad essere spontanea e vera solo quando si trova di fronte alla possibilità della caduta e della morte, e stavolta non c’è possibilità di fuga o di nascondersi perché sono arrivate ad un punto troppo alto ed esposto. È quindi un vero peccato, in questo senso, che dei dialoghi un po’ retorici e didascalici tradiscano la forza di questo scenario.

Sopravvivere a tutti i costi
La storia di Fall è però prima di tutto una storia di sopravvivenza. Becky e Hunter devono dare fondo a tutte le loro risorse per sopravvivere ad un ambiente ostile, ad una condizione in cui la posta in palio è la vita. Per circa 80 minuti di film noi le vediamo aggrapparsi ad ogni mezzo, ad ogni flebile idea, ad ogni elemento intorno a loro affinché possano riuscire a contattare qualcuno che possa venire a salvarle. Si ingegnano, lottano contro gli avvoltoi e le leggi della fisica (tanto che il film richiede una forte sospensione dell’incredulità per essere goduto appieno), contro la sfortuna e la tentazione di arrendersi, e alla fine persino contro sé stesse. Perché quella di Fall è una storia sì di sopravvivenza, ma anche di resilienza. Scott Mann ha realizzato un film teso e diabolico, un film che sfrutta benissimo la profondità di campo e gli spazi (grazie anche al fatto di essere stato girato in gran parte su una torre vera), l’horror vacui e la sensazione di isolamento. Un film fatto di sangue, lacrime e sudore che però ci ammonisce che nella vita è sempre necessario ammorbidire le cose. Che sia un segreto, un rimpianto, un sentimento o un telefono lanciato nel vuoto. L’importante è ammorbidire, ché tanto il problema non è la caduta ma l’atterraggio.
Fall. Regia di Scott Mann con Jeffrey Dean Morgan, Grace Caroline Currey, Virginia Gardner e Mason Gooding , in uscita nelle sale domani 27 Ottobre distribuito da Bim Distribuzione.
Tre stelle e mezzo