Fabrizio Moro a Sanremo 2022: «Ho imparato a dire ti voglio bene a qualcuno»

Fabrizio Moro (© Fabrizio Cestari)
Fabrizio Moro

Fabrizio Moro si racconta al Festival di Sanremo 2022 riguardo al film Ghiaccio di cui è regista, il pezzo in gara Sei tu, quanto è cambiato in questi anni e molto altro

Fabrizio Moro ci racconta nell’incontro stampa al quale abbiamo partecipato di essersi emozionato quando hanno suonato i Meduza la prima serata del Festival di Sanremo 2022: «Mi sono commosso quando ho visto i Meduza suonare, mi è sembrata una danza nella disperazione, la gente ha voglia di alzarsi in piedi e ballare nonostante stia vivendo un incubo. Ho percepito il desiderio di tornare alla normalità, guardarsi negli occhi e abbracciarsi. Mi è piaciuto un sacco il brano di Dargen, mi ha trasmesso tanta gioia». Stasera per le cover ha scelto un brano iconico dei Pooh: «Uomini soli è tra le canzoni più belle del panorama italiano, mi ricordo me la chiedevano durante i bis quando suonavo nei matrimoni perché era una di quelle che mi venivano meglio. Non ho abbassato la tonalità, ho paura del giudizio di Facchinetti»

Cosa ha provato quando è salito sul palco e perché ha deciso di tornare al Festival? Ecco la sua risposta: «Sono sensazioni difficili da spiegare a parole, ci sono delle volte in cui ho paura, che mi viene da piangere anche durante la canzone. È stato tutto molto intenso, tornare a Sanremo è stata una botta di energia enorme. Ci sono dei momenti in cui ho pensato che questi due anni siano stati solo immaginati. Evito sempre di farmi aspettative per il Festival, è una macchina che incastra gli ingranaggi un po’ a caso, se esco nel loop della competitività è un problema, sono contento che sia stata la terza canzone più votata dal pubblico ieri sera. La mia musica è arrivata forte e chiara e tanti riescono a emozionarsi con le mie canzoni. Ero un pezzo avanti con il montaggio del film e la produzione del disco. Ogni volta che vengo qua c’è tanta pressione, ho incontrato Amadeus, ci siamo convinti dopo che ha ascoltato e apprezzato il pezzo. Volevo dare maggiore visibilità a questo doppio progetto che ho dato vita in questi ultimi due anni».

Il suo modo di concepire l’amore è diverso rispetto a qualche anno fa: «È cambiato in modo radicale, ho 46 anni, sono un uomo separato, non riesco a vivere un equilibrio con la persona che amo. Ho avuto difficoltà a causa del mio carattere ma ho fatto pace con tanti dei miei limiti e ho imparato a dire ti voglio bene a una persona. Non è stato semplice scrivere e cantare questo brano ma sono orgoglioso». Questo si nota anche nel disco La mia voce, fuori da oggi: «All’interno tante sfaccettature della mia personalità e della mia anima».

Fabrizio Moro - La mia voce cover
Fabrizio Moro – La mia voce cover

Ci racconta poi qualcosa in più riguardo al film Ghiaccio, che lo vede alla regia e uscirà nelle sale il 7 maggio: «Il mio film inizia con una frase: il pugilato non è solo uno sport ma una filosofia di vita, un combattente lo è sempre anche fuori dal ring. La battaglia mi allinea con il mondo, con la vita, con l’amore. Ho bisogno di nuove sfide e punti di destinazione altrimenti sarei depresso. Nel mondo del cinema c’è meno tensione, sei dietro e non davanti la telecamera, hai modo di pensare. Non sarà una parentesi sporadica, ho studiato agli studi per la scenografia e la recitazione. Musica e cinema hanno sempre viaggiato in parallelo. Incrocio le dita perché se al botteghino va male non mi produrrà più nessuno. Ho preso la patente a 23 anni perché non avevo i soldi per comprarmi la macchina, vado a fare la spesa in tuta, ho gli stessi amici, vivo nello stesso quartiere. Non me ne frega niente del successo, non credo nell’importanza dell’estetica. Spero di lasciare dei bei messaggi con le mie canzoni alle nuove generazioni, speranza e voglia di rivalsa, se lo farò potrò dire che ho avuto successo. Mi sarebbe piaciuto fare il professore, ho la terza media, sono andato subito a lavorare. Dedicarmi ai ragazzi, mi trovo bene con loro, raccontare la mia esperienza di vita e dare consigli.».

Non sa quando tornerà in tour ma spera quest’estate, deciderà dopo che entrerà in vigore il nuovo decreto: «Dei lavoratori dello spettacolo non ce ne siamo dimenticati, ognuno dovrebbe stare vicino ai suoi. Sono venti anni che lavoro con le stesse persone, dal band al fonico al direttore di palco e sono due anni che cerco di prendermi cura di loro. Ti chiedono spesso di andare in giro chitarra e voce per la capienza ridotta, ho cercato di portare dietro tutti quelli che potevo. Ognuno dovrebbe operarsi nel suo planisfero di lavoro».

I suoi testi sono stati spesso di forte impatto sociale ma negli ultimi anni si è più dedicato alle ballate: «Non ho più figure di riferimento, per questo mi sono disinnamorato della politica, non vedo più nelle loro parole e occhi la dignità. Questo influisce sulla mia scrittura, sono italiano e ho il dovere di scrivere la fotografia attuale del paese dove vivo, non ho la soluzione in tasca, servono uomini coraggiosi che abbiano la forza e l’amore per cambiare il paese che amo. Trasmettere rispetto per gli altri, la poesia, l’arte, l’educazione. Dovremmo prima cambiare noi e trasmettere il nostro cambiamento interiore ai nostri figli e a chi ci sta vicino».

Riguardo al cast di quest’anno ci racconta infine di avere apprezzato molto Michele Bravi:  «Ho provato imbarazzo quando abbiamo fatto la foto di rito per TV, sorrisi e canzoni. Mi ha aiutato Irama, siamo amici e ho chiesto a lui chi fossero quelli che si presentavano man mano a me. Michele Bravi lo trovo vero e all’interno di un perimetro da cui non è uscito con prepotenza. Non ho ascoltato con attenzione tutti. Chi partecipa al Festival non ha molto tempo purtroppo».

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