Elegia americana, recensione del nuovo film di Ron Howard con Glenn Close ed Amy Adams

Elegia americana, recensione: Glenn Close, Amy Adams

La recensione di Elegia americana, il film diretto da Ron Howard con Glenn Close, Amy Adams e Gabriel Basso: una storia vera che parla di rivincita personale e famiglia, ma che forse non riesce a rappresentare fino in fondo la classe sociale di cui vorrebbe farsi portavoce

La vera storia di J.D. Vance

J.D. Vance (Gabriel Basso) studia giurisprudenza a Yale (lavorando come lavapiatti per poterselo permettere) ma è originario di Middletown, nell’Ohio. La sua infanzia e adolescenza non sono state facili: la madre Bev (Amy Adams) ha affrontato varie relazioni fallimentari e ha fatto i conti con un serio problema di tossicodipendenza. Ciò lo ha portato a passare molto più tempo con la nonna Mamaw (Glenn Close), originaria della comunità degli appalachiani nel Kentucky ma rifugiatasi nell’Ohio dopo essere rimasta incinta a soli tredici anni. L’anziana signora ha vissuto una vita complicata, ben più di quanto J.D. stesso possa immaginare, eppure ha saputo impartire al nipote la migliore delle educazioni. I problemi del passato tornano a galla proprio quando il ragazzo ha la possibilità avviare la propria carriera giuridica: egli riceve infatti una telefonata dalla sorella maggiore Lindsay (Haley Bennett), la quale lo implora di tornare a casa perché la madre è nuovamente nei guai. Sono circa 10 ore di macchina, ma il colloquio di lavoro che potrebbe cambiargli la vita è fissato per il giorno successivo.

Elegia americana: Haley Bennett, Gabriel Basso ed Amy Adams
Haley Bennett, Gabriel Basso ed Amy Adams

Un’altra America da raccontare

Cosa fare quindi di fronte ad un simile bivio? J.D. Non se la sente di voltare le spalle alla propria famiglia ma non vuole nemmeno perdere un’occasione lavorativa così importante. La fidanzata Usha (Freida Pinto) vorrebbe aiutarlo, ma non riesce ad oltrepassare il muro costruito dal giovane. J.D., infatti, fa fatica ad accettare il paese dal quale proviene e che al tempo stesso ama e respinge. Su questa dicotomia si basa gran parte del film: Elegia americana cerca di raccontare un altro volto degli Stati Uniti, quello colpito dalla povertà e ben lontano dal fascino borghese esercitato dai salotti patinati. Se ci riesca o meno, è discutibile: la pellicola vuole onorare le zone rurali e riabilitarne i suoi abitanti, eppure fa fatica a non inciampare in luoghi comuni che stonano sia a livello narrativo che visivo  (compresi alcuni monologhi troppo artificiosi e troppo strillati).

Chiarezza espositiva ma nessuna analisi

La storia si svolge tra il 1997 e il 2011 ed è tratta dall’autobiografia dello stesso J.D. Vance pubblicata nel 2016 con il titolo Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and Culture in Crisis. Ron Howard fa avanti e indietro nel tempo affinché le memorie del passato spieghino le azioni del presente e in questo ha il grande pregio di non perdere mai di vista la chiarezza. Lo spettatore è accompagnato con ordine nella successione dei fatti e riesce a capire agevolmente le implicazioni di ogni episodio. Ciò che va contestato, semmai, è altro. L’impressione è che si racconti la storia di una piccola comunità di periferia che deve fare i conti con costanti pregiudizi, più che la storia della “vera America del Midwest” come suggerirebbe invece il titolo (del quale, per una volta, va apprezzata la traduzione italiana semplicistica eppure calzante). La sceneggiatura di Vanessa Taylor acuisce una lacuna già segnalata dalla critica statunitense a proposito del libro, ovvero l’assenza di un’analisi strutturale e di qualsiasi elemento che appaia anche solo lontanamente controverso.

Elegia americana: Glenn Close in una scena del film
Glenn Close

La “Mamaw” di Glenn Close

Visto nell’attuale contesto cinematografico, a fronte dei tanti forfait o slittamenti dei big, il lavoro di Ron Howard spicca per l’imponenza della produzione e per il cast. Il regista premio Oscar assolve al proprio compito con la solita maestria, affidandosi alle sue due splendide interpreti. Se Amy Adams a volte si lascia sopraffare dalla fragilità del suo personaggio, Glenn Close non si fa offuscare da monologhi banali e da un vistoso strato di cerone. L’importante make-up la appesantisce e la rende goffa, per non parlare dell’orrenda parrucca cotonata e delle felpe oversize. Eppure alla fine bisogna riconoscere una evidente somiglianza fisica con la vera Mamaw. Il suo personaggio è certamente il più intenso dell’intera pellicola, nonché il motore della storia. Questa nonna burbera possiede i tratti e la forza che solo l’anima rurale del Paese può avere. “La famiglia è l’unica cosa che conta in questo dannato mondo, lo imparerai presto”, dirà ad un certo punto al nipote. Non a caso il protagonista affermerà di essere stato salvato due volte nel corso della propria vita: la prima volta dalla nonna, la seconda dai suoi insegnamenti.

Corsa agli Oscar: l’anno della rivincita? 

Trasportando il discorso in ottica Oscar, difficile dire se gli sforzi compiuti varranno qualche statuetta. Glenn Close ed Amy Adams guadagneranno il loro primo Oscar dopo tante candidature andate a vuoto? Forse no. La pellicola è certamente ben girata e con un cast tecnico e artistico di primo livello (Gabriel Basso non sfigura di fronte alle colleghe più blasonate), ma probabilmente sarebbe servita un’analisi più profonda e una maggiore dose di coraggio per fare la differenza. L’ago della bilancia si sposterà anche in base alla concorrenza con la quale bisognerà fare i conti, visto che saranno in concorso anche i film che usciranno fino a marzo 2021. Howard, Close e Adams ci sperano. E anche Netflix.

Elegia americana è distribuito da Netflix ed è disponibile sulla piattaforma a partire dal 24 novembre 2020.

VOTO:
3 stelle

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