La recensione di Due fratelli, secondo lungometraggio di Léonor Serraille: dopo Montparnasse – Femminile Singolare la cineasta francese affronta il tema dei migranti e del difficile processo di integrazione
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Dalla Costa d’Avorio alla Francia
Alla fine degli anni ’80, Rose (Annabelle Lengronne) arriva a Parigi dalla Costa d’Avorio, portando con sé i due figli piccoli, Jean e Ernest. La vita non è facile per una madre single nella banlieue, ma Rose non rinuncia alla sua indipendenza e al desiderio di libertà, anche a costo di lasciare spesso i figli da soli: i due fratelli crescendo prenderanno strade diverse, affrontando ciascuno a modo proprio le difficoltà dell’integrazione e il rapporto sempre più complesso con la madre.
In bilico tra l’essere mamma e donna
Léonor Serraille porta a compimento la sua seconda fatica dopo il successo di Montparnasse – Femminile Singolare (qui la nostra recensione), premiato con la Caméra d’Or a Cannes nel 2017. In Due fratelli (Un petit frère nel titolo originale), presentato al 75º Festival di Cannes, la cineasta francese affronta il tema dei migranti e del loro difficile processo di integrazione ricorrendo ancora una volta ad un personaggio femminile forte, che non ha paura di esporsi nella sua frenetica corsa verso la libertà. Rose, interpretata con estrema vitalità da Annabelle Lengronne, inciampa molte volte ma non si arrende e continua a darsi da fare per afferrare ciò che desidera. È vero, è una mamma: eppure si sente un primis una donna e si rifiuta di mettere da parte i suoi desideri.

Senso di sradicamento
Da questo suo atteggiamento – nonché dall’ostilità di una Francia ancora lontana dalla perfezione nell’accogliere i migranti, nonostante sia un Paese spiccatamente multietnico – derivano i problemi di un nucleo familiare a tratti disfunzionale, che getta i tre personaggi in una costante precarietà emotiva ed economica. Jean ed Ernest, che si alternano alla madre nella narrazione della storia, hanno dei mostri interiori da dover sconfiggere e non sempre riusciranno ad uscire vincitori da tale conflitto. Tutto questo si ispira alla vicenda personale del compagno della Serraille, la quale si impegna per esprimere in maniera autentica il senso di sradicamento e ciò che esso comporta, pur senza riuscire ad essere davvero incisiva.
Testimonianza raffinata ma poco innovativa
In un racconto che ha il pregio di non inciampare in facili pietismi, Due fratelli porta la sua testimonianza in modo raffinato e gradevole ma poco avvincente. Il racconto abbraccia un arco temporale di vent’anni durante i quali Rose, Jean ed Ernest cresceranno, cadranno, riceveranno le loro delusioni, proveranno a reinventarsi e forse cadranno di nuovo. All’interno di questa struttura si trovano tematiche fondamentali quali la famiglia, l’amore, il senso di appartenenza, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza e poi all’età adulta, il lavoro. Quello disegnato da Léonor Serraille è un percorso che ha le idee chiare, cui manca tuttavia un pizzico di innovazione per evitare di appiattirsi e di diventare l’ennesima pellicola che affronta l’argomento migranti senza aggiungere molto al macro discorso. Colpisce tuttavia la sua pacata raffinatezza, merito di una protagonista fiera e magnetica, oltre che di un linguaggio capace di arrivare al cuore.
Due fratelli. Diretto da Léonor Serraille, con Annabelle Lengronne, Thibaut Evrard, Jean-Christophe Folly, Ahmed Sylla, Stéphane Bak, Kenzo Sambin, Sidy Fofana, Milan Doucansi e Audrey Kouakou. Distribuito da Teodora Film dal 31 agosto 2023.