Con il suo ambizioso mix di commedia, noir e thriller, Dolceroma ha, se non altro, il pregio di proporre una commistione di generi inusuale per gli standard cinematografici nostrani. Ma, se la ricetta alla base è anche buona, il regista Fabio Resinaro non convince nel dosaggio dei singoli ingredienti.
Commedia, noir e thriller in un solo film?
Il primo film in solitaria di Fabio Resinaro – dopo l’esordio Mine, diretto in coppia con Fabio Guaglione – non fa alcun mistero delle proprie ambizioni, inseguendo l’idea del metacinema da “film nel film” attraverso la commistione di generi. Perché, sebbene Dolceroma sia abitato da personaggi che, nel loro essere bigger than life, sostanzialmente rimandano alla tradizione della commedia, possiede l’impalcatura narrativa di un noir, che si palesa fin da subito con la voce off del protagonista e il plot di un thriller che – tra camorristi dalle curiose velleità artistiche, katana giapponesi e un laconico detective (Francesco Montanari) che sembra uscito da un poliziottesco di Corbucci – procede per accumulo di elementi fino a un (letteralmente) esplosivo finale.
La trama
La storia è quella di Andrea Serrano (Lorenzo Richelmy), aspirante scrittore costretto a lavorare in un obitorio in attesa della grande occasione della sua vita, che sembra realizzarsi quando il losco produttore cinematografico Oscar Martello (Luca Barbareschi) decide di portare sul grande schermo il suo romanzo Non finisce qui. Ma i capitali a disposizione sono modesti, il regista (Luca Vecchi) un incompetente e il risultato oggettivamente disastroso. Le cose si complicano quando l’attrice protagonista, Jacaranda Ponti (Valentina Bellè), preoccupata che il film possa rovinarle la carriera, distrugge tutte le copie del film. Ma Oscar Martello non può permettersi un fallimento. Così, con l’aiuto di Andrea, concepisce un piano diabolico.
Buona l’idea, ma…
Se, come dicevamo, la ricetta alla base di Dolceroma, può anche definirsi riuscita, ciò che invece non convince affatto è il dosaggio dei singoli ingredienti. Diverte, certo, la presenza ad altissimo tasso istrionico di un Luca Barbareschi (produttore sia nella realtà che nel film) che, a tratti, quasi non sembra recitare, così come la metafora di Roma vista come un miele dalle fortissime capacità attrattive ma al quale, allo stesso tempo, è incredibilmente facile restare appiccicati. Ma i problemi nascono a monte, in una scrittura priva del mordente necessario o di un reale spessore narrativo, sebbene, ispirandosi liberamente al romanzo Dormiremo da vecchi di Pino Corrias, il film prenda le mosse proprio dalla pagina scritta.
I problemi di Dolceroma
Viene da pensare più di una volta, durante la visione, ad A/R Andata + Ritorno di Marco Ponti, con il quale Dolceroma condivide non solo la presenza (qui sprecata) di Libero Di Rienzo, ma in generale la volontà di ibridare commedia e thriller in modi obiettivamente inusuali per i nostri standard cinematografici. Ciò che però rendeva il film di Ponti un esperimento riuscito era che la parte più leggera faceva effettivamente ridere, laddove il pur volenteroso Resinaro, in debito di battute degne di nota, affida quasi tutto il côté più ridanciano alla performance gigiona – e, va detto, a tratti anche eccessiva – di Barbareschi, mentre quella più seria aveva se non altro il merito di non volare troppo alto.
Giocare col fuoco
Resinaro invece osa troppo, andando a giocare con un fuoco che finisce inevitabilmente per scottarlo, a differenza di quello iperdigitale della lunga scena finale nella quale Richelmy e Barbareschi si affrontano nel bel mezzo di un incendio senza che nessuno dei due rimanga né leggermente ustionato né intossicato. Richelmy recita sottotono, a metà strada tra lo stagista di Boris e una sorta di goffa rivisitazione del Mr. Robot di Rami Malek, ma è del tutto fuori luogo e poco o nulla portano in dote al risultato finale i pur volenterosi Valentina Bellè e Francesco Montanari.
In conclusione
Dolceroma è, in definitiva, uno di quei film di cui spiace scrivere male proprio in virtù della bontà di un’idea di base che riflette sull’importanza della scrittura per gestire il caos della vita, ma che fallisce nel suo obiettivo primario che è, molto banalmente, quello di intrattenere. Spiace perché la regia, quando non inficiata da certi eccessi di ritmo, pure ha i suoi momenti e alcune scelte di cast – vedi l’utilizzo di un caratterista sottovalutato come Armando De Razza – sono azzeccate. Ma la sensazione che resta alla fine è, seppure apprezzabile nelle intenzioni, quella di un “vorrei ma non posso”.
Dolceroma, diretto da Fabio Resinaro e interpretato da Lorenzo Richelmy, Luca Barbareschi, Valentina Bellè, Libero De Rienzo e Armando De Razza, arriva in sala giovedì 4 aprile, distribuito da 01 Distribution.