La nostra recensione di Death of a Unicorn, un fantasy contemporaneo con tinte di commedia horror e una strana premessa che nemmeno Jenna Ortega e Paul Rudd riescono a salvare
Death of a Unicorn parte da un’idea tanto bizzarra quanto potenzialmente interessante, ma affonda quasi subito sotto il peso di una messa in scena che non regge il confronto con le ambizioni. La trama si apre con una famiglia composta da padre e figlia, Elliot (Paul Rudd) e Ridley (Jenna Ortega), legati da un rapporto carico di incomprensioni. I due si recano verso la maestosa dimora della famiglia Leopold per trascorrere un weekend in compagnia di questi potenti magnati dell’industria farmaceutica. La grave condizione del padre di famiglia Odell (Richard E. Grant), malato terminale di cancro, rappresenta per Elliott una preziosa opportunità di carriera e guadagno.
Il viaggio prende però una svolta imprevista: lungo la strada i due protagonisti investono una strana creatura, che si rivela essere un unicorno, e decidono di portare la carcassa con loro. A seguito della scoperta degli straordinari poteri curativi del sangue dell’animale, i Leopold decidono di sfruttarne i benefici a scopo di lucro. La loro apparente filantropia si rivela infa una facciata per mascherare l’avidità più spietata. La svolta avverrà quando i genitori dell’unicorno investito – due mostri giganteschi in cerca di vendetta – si presenteranno assetati di sangue umano.

L’unicorno che non convince
L’idea di trasformare l’unicorno – simbolo universale di purezza, grazia e magia – in una creatura legata al sangue e alla vendetta poteva essere provocatoria, ma il risultato è sconcertante. L’immaginario fiabesco viene completamente ribaltato, ma senza la lucidità o il coraggio visivo necessari a rendere la scelta davvero dirompente. Death of a Unicorn si limita a scioccare con la violenza, dimenticando di costruire un mondo coerente in cui l’unicorno abbia senso di esistere. La creatura, resa male dai pessimi effetti visivi, risulta fuori luogo e incapace di trasmettere la minima emozione.
A penalizzare ulteriormente il soggetto è la scelta di ambientare tutto in epoca contemporanea. Il risultato è un fantasy moderno senza una costruzione estetica solida che sembra quasi una parodia involontaria. In un contesto medievale o comunque più distante dal quotidiano il messaggio avrebbe avuto maggiore coerenza narrativa. Così invece l’elemento magico resta un corpo estraneo, mal giustificato e visivamente debole, che finisce per ridicolizzare anche i momenti drammatici. Il messaggio sociale ed ecologista, già visto e troppo esplicito, non riesce mai a farsi strada con intelligenza in un film che inciampa su ogni simbolo che prova a decostruire.

Dietro le quinte
Il film segna l’esordio alla regia di Alex Scharfman, fino a oggi produttore di piccoli cult horror come House of Spoils e Rinascita. Una carriera dietro le quinte che non sembra averlo preparato a gestire una narrazione così ambiziosa. Se il nome dell’affermato regista della A24, Ari Aster, come produttore esecutivo poteva far sperare in un tocco autoriale, il risultato è tutt’altro che raffinato. Si nota, invece, la mano più solida di John Carpenter nella colonna sonora, fra i pochi elementi davvero riusciti nel comparto tecnico. Le sue musiche rock e stranianti riescono, almeno in parte, a costruire un’atmosfera surreale.
Il cast è ricco di volti noti: Jenna Ortega è la protagonista Ridley e Death of a Unicorn capitalizza sul suo recente successo in collaborazione con Tim Burton in Mercoledì e Beetlejuice Beetlejuice. Al suo fianco troviamo Paul Rudd in un ruolo molto distante da quelli più scanzonati di Ant-Man e del MCU. Tra i Leopold spicca Téa Leoni, al suo ritorno sul grande schermo dopo anni di assenza, con un’interpretazione pungente e tagliente. Will Poulter nel ruolo del figlio viziato sembra riciclare alcuni dei suoi personaggi più iconici, ma lo fa con un’ironia maligna che lo rende il più interessante del gruppo.

I villain salvano la situazione
Tra gli interpreti chi delude di più è proprio Jenna Ortega. Nonostante il suo grande seguito mediatico, si ritrova intrappolata in un personaggio monocorde e prevedibile. Ridley è la classica adolescente alternativa, silenziosa e introversa, con una sensibilità fuori dal comune e una particolare connessione con la natura. Un archetipo abusato che nemmeno l’impegno dell’attrice riesce a rendere interessante. Anche Paul Rudd nei panni di Elliot fatica a emergere, ingabbiato in un ruolo che si affida troppo al cliché del padre maldestro e remissivo. il suo personaggio alla costante ricerca di approvazione si dimostra pronto a qualsiasi umiliazione pur di ottenere un riconoscimento da parte della famiglia Leopold.
A risollevare le sorti ci pensano invece i villain. Will Poulter si diverte visibilmente a interpretare Shepard Leopold, il classico figlio viziato, arrogante e perfettamente insopportabile. Téa Leoni regala a Belina una freddezza e una vanità che incarnano al meglio la spietatezza dell’aristocrazia. Entrambi riescono a incarnare con efficacia il disprezzo del film per le élite, risultando perfino più affascinanti dei protagonisti. Anthony Currigan in un ruolo secondario è forse il personaggio più riuscito: le sue brevi apparizioni offrono i pochi momenti davvero esilaranti del film. Peccato che la sceneggiatura non abbia saputo valorizzarlo di più.

Una corsa verso il disastro
In conclusione, gli unici elementi distintivi di Death of a Unicorn sono la presenza degli unicorni e l’eccesso di violenza, i quali risultano più una forzatura che un valore aggiunto. C’è chi potrebbe trovare intrigante la sovversione della creatura fiabesca, ma qui viene realizzata in modo superficiale e con scarso impatto. La violenza gratuita non diverte né sciocca come dovrebbe e si trasforma presto in una noiosa ripetizione. Il mix di generi – fantasy, horror e commedia – è rischioso e non riesce a trovare un equilibrio. Se da un lato l’horror e la commedia giocano bene insieme, l’elemento fantasy appare fuori luogo, persino fastidioso, soprattutto perché ancorato a un contesto moderno che non gli rende giustizia.
Al netto di qualche buon momento comico e dell’alchimia dei cattivi, la pellicola resta poco godibile e priva della visione necessaria per lasciare un segno. Il risultato è un film confuso, visivamente povero (complice un budget abbastanza ridotto) e incapace di dare davvero corpo alla sua metafora sulla crudeltà umana e sull’indifferenza dei ricchi verso il dolore dei meno abbienti.
TITOLO | Death of a Unicorn |
REGIA | Alex Scharfman |
ATTORI | Paul Rudd, Jenna Ortega, Téa Leoni, Will Poulter, Richard E. Grant, Jessica Hynes, Sunita Mani, Anthony Carrigan, Steve Park, Nick Wittman |
USCITA | 10 aprile 2025 |
DISTRIBUZIONE | I Wonder Pictures |
2 stelle e mezza