Condannato a morte – L’inchiesta, l’opera diretta da Davide Sacco e tratta dal romanzo di Hugo, è in scena all’Off/Off Theatre fino al 3 febbraio. Gianmarco Saurino si fonde con destrezza con il personaggio che interpreta, lasciando nel pubblico un irrefrenabile desidero di libertà.
La vita e la morte in scena
Quella che Gianmarco Saurino porta in scena all’Off/Off Theatre non è soltanto una rivisitazione dell’opera di Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato a morte. La tragedia che porta sul palcoscenico Saurino è molto più di un rimando letterario, è una vera e propria denuncia sociale, un attacco contro quanti ritengono che la pena di morte sia una cosa passata e aliena. Il protagonista della vicenda ha un volto, un nome, un’identità, una famiglia. Ma ha soprattutto un passato, vivo, toccante, fatto di affetti e di libertà.
Le ultime ore di un condannato a morte, la sopraffazione, il dolore di una persona a cui è stata tolta ogni speranza sono gli elementi cardine che il talentuoso Saurino offre al pubblico attraverso il monologo. L’incapacità da parte del prigioniero di accettare un destino crudele scandisce tutta la durata dello spettacolo e rende ancor più vicina la futura vittima al pubblico. Tanto i ricordi dei momenti felici vissuti, quanto il dolore per una figlia che non riconosce più il padre toccano il pubblico e lo rendono partecipe della sofferenza del condannato.

Le parole pronunciate da Saurino non si limitano a raccontare la storia del protagonista; il monologo, infatti, è intervallato dall’enunciazione di alcuni dati statistici che delineano chiaramente il panorama attuale in cui attualmente vivono i carcerati. L’intento del regista Davide Sacco è quello di denunciare uno degli aspetti di cui forse si parla meno al giorno d’oggi, ossia le condizioni delle carceri italiane e non.
Dati allarmanti quelli proposti durante lo spettacolo: suicidi in cella, sovraffollamento delle prigioni, pena di morte ancora in vigore, errori giudiziari tristemente presenti. Una condanna sociale che lascia ben poco margine d’interpretazione e che fornisce al pubblico uno spaccato di “vita vera”, raccontando agli spettatori che l’opera messa in scena non è poi così lontana dalla triste realtà d’oggi. Un racconto risalente al 1829 che si riverbera in maniera automatica sul presente e che evidenzia quanto gli errori del passato rappresentino ancora una indegna continuazione di ciò che è stato e non un punto di partenza per un miglioramento futuro.

Una scenografia scarna ed iconica
Il dramma che si consuma all’interno dell’opera ha luogo nel carcere di Bicêtre, a Parigi, ma la realtà messa in scena da Sacco e riprodotta da Saurino potrebbe svolgersi ovunque. La scelta di ambientare anche questa versione di Hugo in Francia scaturisce probabilmente dalla volontà di proseguire con un continuum letterario, ma la scenografia scarna e i dati tragici raccontati lasciano intendere la possibilità che eventi drammatici come quelli narrati durante lo spettacolo possano capitare in qualunque luogo.
L’attore trasforma, ribalta, capovolge ogni elemento in scena e ne amplifica il significato. Così la risma di fogli di carta diventa un plico di atti giudiziari, il tavolo diventa ora parete, ora mezzo di trasporto, ora rifugio. Non serve altro a Saurino per dare un senso al proprio monologo; bastano dei fogli, una sedia ed un tavolo mobile. E così, nell’arco di poche battute, l’attore diventa al tempo stesso significato e significante dell’opera.

Un Saurino straziato per un dramma toccante ed attuale
Gianmarco Saurino è un attore giovane, capace, con tanta voglia di sporcarsi le mani. Noto al grande pubblico per aver preso parte a fiction italiane di successo come Non dirlo al mio capo 2 e Che Dio ci aiuti, è dedito al teatro, dove passa la gran parte del suo tempo. E questa dedizione, questo amore profondo traspaiono pienamente e lasciano nel pubblico che ha assistito a Condannato a morte il ricordo di un attore che non ha soltanto saputo vestire abilmente i panni di un uomo al patibolo, ma che ha dato anima, voce e corpo ad un dramma dai confini sottili e taglienti. Il dolore portato in scena da Saurino, le parole di un padre straziato e sconfitto sono l’eco di una richiesta d’aiuto mai ascoltata. Un dramma in grado di coinvolgere emotivamente lo spettatore e di condurlo verso una rivalutazione positiva della propria libertà.
