La nostra recensione di Citadel: Diana, spin-off italiano della serie spionistica Prime Video ideata dai fratelli Russo: Matilda De Angelis è la protagonista di una spy story molto più attaccata ai personaggi rispetto alla serie madre, ma ancora un po’ troppo ingenua e derivativa
Citadel: Diana ha il compito di tenere alta l’attenzione sull’universo narrativo della serie madre creata dai fratelli Russo proponendosi come il primo spin-off ufficiale, totalmente o quasi italiano, a cui seguirà quello indiano previsto per novembre. Una costola pensata quindi come un naturale prolungamento, ovviamente molto radicata nell’arena italica che qui ha i contorni di un’immediata distopia, sviluppata da Alessandro Fabbri (1992/93/94, Fedeltà) e diretta da Arnaldo Catinari. A prestare il volto alla Diana del titolo ci ha pensato la sempre più lanciata Matilda De Angelis, ancora indecifrabile in questi primi due episodi i quali hanno il merito di orientare la narrazione verso una prospettiva un po’ più low concept, pur risultando ancora troppo derivativi.
Una nuova missione
Milano, 2030. Otto anni fa l’agenzia indipendente di spionaggio Citadel è stata distrutta da una potente organizzazione rivale, Manticore. Da allora Diana Cavalieri (Matilda De Angelis), spia di Citadel sotto copertura, è rimasta sola, intrappolata tra le linee nemiche come infiltrata in Manticore. Quando finalmente le si presenta l’occasione di uscirne e sparire per sempre, l’unico modo per farlo è fidarsi del più inaspettato degli alleati, Edo Zani (Lorenzo Cervasio), l’erede di Manticore Italia e figlio del capo dell’organizzazione, Ettore Zani (Maurizio Lombardi), in lotta per la supremazia contro le altre famiglie europee.
Un approccio un po’ diverso
Il genere spionistico è una rogna, una gatta da pelare per chiunque tenti di approcciarvisi e le ragioni sono molteplici: sicuramente, da una parte, c’è il preciso bilanciamento tra esigenze narrative ed extra-narrative (lo spettacolo, per intenderci), la necessità di risultare comunque sempre credibili e coerenti nel contesto dell’arena anche quando la sospensione dell’incredulità viene richiesta, gli ovvi riferimenti politici, economici e sociali alla contemporaneità, la gestione della tensione drammaturgica e tanto altro. Se però quando parliamo di spy stories il ventaglio da cui attingere è vastissimo, da le Carré e Ludlum ai Mission Impossible, passando ovviamente per 007, non è sempre facile trovare il proprio tono di voce.
Forse è anche per questo che Citadel: Diana ha scelto di smarcarsi il giusto dalla serie madre in quanto ad approccio, con una storia più piccola negli spazi e più orientata verso il low concept (cioè verso un tipo di narrazione che predilige la costruzione dei personaggi in favore di quella dell’intreccio, semplificando molto). Perché è evidente già dal titolo come sia Diana il centro diegetico e tematico di questo spin-off che parla e ragiona in italiano, una protagonista femminile che prende il nome dalla dea della caccia e che è essa stessa una cacciatrice di risposte e di verità, in seguito alla tragica morte dei genitori in un oscuro disastro aereo.
Citadel: Diana funziona meglio quando tenta di esplorare le ambiguità e le contraddizioni dei suoi personaggi, pezzi di una scacchiera dai contorni geopolitici globali le cui implicazioni e il cui riverbero sono però (almeno nelle intenzioni) sempre di natura personale, privata. È l’aspetto più interessante e riuscito di uno spin-off che prova a costruire un proprio microcosmo narrativo, un universo che guarda alla serie madre ma non da troppo vicino e che si inserisce con discreta abilità nella distopia tutta italiana che va a costruire pezzo a pezzo. Non è un caso che si parta con l’inquadratura di un Duomo di Milano devastato, come a voler sottolineare l’urgenza di un cambiamento, di una ricostruzione.
Un’identità ancora da costruire
Quella che, almeno nei primi due episodi, sembra mancare a Citadel: Diana è invece un’identità definita, perché i modelli di riferimento sono persino troppo palesi e dichiarati. Si tocca il cinema taiwanese e quello hongkonghese di Andrew Lau e John Woo, ma soprattutto è la saga di Mission Impossible a venire abbondantemente saccheggiata (specialmente i capitoli di McQuarrie). Tra il più classico dei McGuffin (un’arma a forma di mela con le due metà da recuperare), i cambi di prospettiva, i tradimenti e i cambi di fazioni e le rivelazioni più o meno inaspettate, Citadel: Diana pesca a piene mani nell’immaginario spy action degli ultimi 30 anni, ma non sa ancora come renderlo proprio.
Se la serie madre peccava di tracotanza eccessiva e di superficialità nell’esposizione, il suo primo spin-off rimane invece giustamente più cauto ma ha un respiro più corto, più costretto dalla geografia degli eventi e incapace (ancora) di restituire l’urgenza della propria posta in gioco. Non aiutano certo dei dialoghi in alcuni casi esageratamente forzati e ingenui nell’impostazione e nell’esposizione, che sembrano fare il verso al genere invece che dargli linfa, e anche nel comparto recitazione tutto è ancora un po’ frenato, troppo freddo e meccanico. L’unico che riesce a spiccare è l’elegantissimo Maurizio Lombardi, nonostante un personaggio finora troppo abbozzato e un po’ già visto, mentre Matilde De Angelis ha carisma ma è ancora bloccata.
In definitiva un passo in avanti è possibile avvertirlo, ma la sensazione è che anche Citadel: Diana sia un po’ troppo schiava di certi meccanismi di racconto, di una visione del genere un po’ antiquata e fuori dal tempo. Non bastano i gadget hi-tech, le location mozzafiato, i rimandi alla contemporaneità per rendere giustizia ad un genere che invece è sempre molto legato allo zeitgeist, ai suoi cambiamenti e alla sua definizione. Serve un cambio di rotta che i primi due episodi non hanno ancora evidenziato, magari meno precisione nelle geometrie costruttive di diegesi e tema e un po’ più di sporcizia, di verità, di “fango”.
TITOLO | Citadel: Diana |
REGIA | Arnaldo Catinari |
ATTORI | Matilda De Angelis, Lorenzo Cervasio, Maurizio Lombardi, Julia Piaton, Thekla Reuten, Giordana Faggiano, Daniele Paoloni, Bernhard Schütz, Filippo Nigro |
USCITA | 10 ottobre 2024 |
DISTRIBUZIONE | Prime Video |
Tre stelle