12 baci sulla bocca, l’opera teatrale di Giuseppe Miale di Mauro, sarà al Teatro India da questa sera al 17 febbraio. Uno spettacolo per raccontare la possibilità di cambiamento e la necessità di un agire sociale.
Dal 12 al 17 febbraio in scena al Teatro India 12 baci sulla bocca, secondo spettacolo del Dittico Nest – Napoli Est Teatro. Il regista Giuseppe Miale di Mauro ci porta dentro un modo di fare teatro in ascolto della realtà per raccontare le dinamiche malavitose che infestano la nostra società, perché agli spettatori sia offerta la possibilità di comprendere quanto strettamente ci riguardano tematiche soltanto apparentemente “lontane”, ma in verità vicine, pressanti, universali. Questa la convinzione della Compagnia Nest: che cambiare è possibile, e che per cambiare sia necessario l’agire sociale, la solidarietà, e considerare le risorse creative in tutta la loro dignità, impiegandole come agenti di trasformazione.
Napoli, anni 70. La provincia soffocante e a volte disorientante. Il conflitto politico e sociale che divide il paese sembra lontano da queste terre. In questo contesto nasce 12 baci sulla bocca che racconta l’incontro-scontro tra Emilio, lavapiatti dai modi e dal linguaggio diretto, e Massimo, fratello “ripulito” del proprietario di un ristorante. Massimo si sta per sposare con l’unica donna che ha avuto nella sua vita: è a quel punto in cui “o ti lasci o ti sposi”, e Massimo si sposa.
Emilio è giovane ed è «ricchione», l’unico termine usato in quegli anni a Napoli per identificare un omosessuale. Emilio riesce a scardinare l’omosessualità assopita malamente da Massimo. I loro incontri sono violenti al limite dello scontro fisico. I due ragazzi si nascondono, ma quel rapporto così controverso rappresenta, forse, l’unico momento di vero sentimento nella loro vita. Quello in cui vivono è un ambiente in cui non è permessa alcuna diversità, e in cui vigono leggi sociali e di branco che non permettono nulla al di fuori di una prassi consolidata. Ma gli occhi di Antonio, fratello di Massimo, lo guardano dentro, sanno molto di più di quanto lui pensi. E in quell’ambiente i problemi si risolvono in maniera spicciola, e uno come Massimo non può certamente essere un «ricchione di paese».
«Abbiamo pensato di ambientare questa storia negli anni settanta, per costruire un tessuto emotivo ancora più claustrofobico – commenta Giuseppe Miale di Mauro – dodici mesi che iniziano con la strage di piazza della loggia e terminano con la tragica morte di Pier Paolo Pasolini. Dopo il lavoro fatto con Gomorra, abbiamo voluto mettere a frutto la nostra esperienza in una storia di pura finzione. Una vicenda che parte dalla periferia della nostra terra, dove il tempo sembra essersi fermato, dove, al di là di un finto progressismo, ci sono ancora leggi sociali antiche. Un’atmosfera sudata, che ha l’eco della musica popolare degli anni settanta, che vive di squarci di luce, sul nero dei giorni e di quelle vite».